Il Paflagone secondo Gadda - Una frenesia di scimie
Lettura da Carlo Emilio Gadda, Eros e Priapo, con un prologo da parti corali di Aristofane, Cavalieri.
Progetto e testo Gennaro Carillo - Regista e interprete Sandro Lombardi
Napoli, Università Suor Orsola Benincasa - Lunedì 17 gennaio 2011 - ore 16.30
Aristofane e Carlo Emilio Gadda: due autori in apparenza estranei che per diversi motivi entrano in risonanza con la realtà e con la cronaca politica dei nostri giorni; anche per questo, finora separatamente, di recente e sempre più spesso sono una fonte d’ispirazione per molti registi e drammaturghi tra i più promettenti del nostro panorama teatrale. Il primo attrae per la sua carica polemica e le sue sfrenate invettive, sempre estreme e iperboliche, che non di rado oggi vediamo realizzate o perfino superate dai fatti. Questo paradosso pertiene a molta satira nostrana, come non mancano di notare gli emuli di Aristofane, da Antonio Albanese a Daniele Luttazzi.
In particolare nella seconda commedia aristofanea conservata, i Cavalieri (424 a.C.), Aristofane prende di mira con inaudita virulenza il suo consueto bersaglio Cleone, leader dei democratici radicali.
Sceglie però di rappresentarlo in scena non direttamente, bensì come un servo avido e corrotto, di nome Paflagone, che spadroneggia nella casa del vecchio Demo (Popolo) e si arricchisce alle sue spalle. La trasparente allegoria viene chiarita dal coro, composto dai cavalieri: i soli che per tutta la commedia fanno puntuali riferimenti non alla casa di Demo, bensì alla realtà ateniese e ai politici reali anziché alle loro ipostasi fittizie (non a caso sono i soli a chiamare Cleone, al v. 976, col suo vero nome). La commedia, per il suo contenuto politico, se si eccettuano rare eccezioni è stata finora pressoché bandita dalle scene italiane e dalle sedi ufficiali delle rappresentazioni classiche.
Ma nel 2010 interviene, a riscattarla dall’oblio e a renderle giustizia, il bell’adattamento scritto, diretto e interpretato da Mario Perrotta: I Cavalieri – Aristofane cabaret (sullo spettacolo, tuttora in tournée, si vedano le notizie già pubblicate in questa stessa sezione del sito e per il calendario aggiornato www.marioperrotta.com).
Nella stessa stagione teatrale in corso anche il secondo autore, Gadda, si conferma di stringente attualità, valorizzato in originali riscritture e riscoperto dal pubblico soprattutto per la sua vena satirica e la sua forte carica di invettiva. Per primo l’attore Fabrizio Gifuni, diretto da Giuseppe Bertolucci, ha riscosso grande successo con il suo L’Ingegner Gadda va alla guerra o «della tragica istoria di Amleto Pirobutirro»: un’efficace combinazione e reinterpretazione, sulla scia dell’Amleto shakespeariano, dai diari di Gadda della Prima Guerra Mondiale e da Eros e Priapo.
Quest’ultimo testo in particolare – scritto nel 1944-1945 e pubblicato solo nel 1967– viene riproposto oggi all’Università degli Suor Orsola Benincasa di Napoli in Una frenesia di scimie, un testo di Gennaro Carillo (ordinario di Storia delle Dottrine Politiche alla Facoltà di Lettere della stessa università e ideatore del progetto “Imago Imperii. Archivio di iconologia politica”). A dar corpo e voce alla lettura scenica napoletana è il grande Sandro Lombardi, pluripremiato interprete di molti testi sacri e profani, come i monologhi testoriani, nonché protagonista di una recente versione ‘noir’ degli Uccelli di Aristofane con echi pasoliniani (in particolare dal film Uccellacci e uccellini).
Il curriculum di Lombardi e il suo talento sulfureo lo rendono l’interprete e il regista perfetto del testo di Carillo, basato in gran parte sulla fluviale e strabordante invettiva di Gadda contro Mussolini: in Eros e Priapo, notoriamente, il Duce è trasfigurato in un fallo ipertrofico che stupra e ingravida con la sua eloquenza virile (priapesca, appunto) un’Italia femmina di facili costumi, «nottivaga» e perennemente insoddisfatta. Eppure lo sfogo di Gadda, come sottolinea lo stesso Carillo, vuole essere anche un «atto di conoscenza», benché «tardivo», un contributo ‘scientifico’, un «referto peritale» sulle ragioni, le logiche e le illogiche della potenza di seduzione del Capo e della docile «recettività» femminea della moltitudine.
Ecco allora convivere e mischiarsi, nello stesso testo, due registri: quello dell’invettiva ad personam, che fa di Mussolini un «capocamorra», «tiranno che impallidiva a uno sparo», «rachitoide babbeo», «bicchierante», «il solo genitale-eretto disponibile sulla piazza», e quello della psicologia delle folle, che equipara il consenso delle masse acclamanti alla «frenesia di scimie» del titolo. Nella lettura Lombardi, con sapiente regia, alterna i toni aspri delle parti giambiche con quelli gelidi delle parti corali, scandite con la rituale freddezza di un referto scientifico, da cui tuttavia traspare con straordinaria forza la violenza dissimulata.
Ai due registri corrispondono due puntuali riferimenti classici, nota sempre Carillo, esplicitamente richiamati da Gadda: per primo ovviamente Aristofane, per la sua satira ricorrente contro Cleone; per secondo Platone, che descrive il tiranno come psiche capovolta, in cui il desiderio illecito, insediato nel «pacco dello addome, ch’è il gran vaso di tutte le trippe» (Gadda) e sciolto da qualsiasi inibizione, da qualsiasi continenza morale, prende il comando, asservendo la parte razionale dell’anima.
I due registri sono ben testimoniati dal testo di Gennaro Carillo, che premette intelligentemente al testo – come omaggio alla tradizione giambica e aristofanea – estratti scelti dalle parti corali dei Cavalieri. L’operazione, di per sé convincente, è peraltro autorizzata da Gadda stesso, che con un rimando esplicito a quella commedia chiama Mussolini «Paflagone», perennemente «inturgidito».
Per lo spettatore, naturalmente, è fin troppo facile trovare echi e rispondenze in un panorama politico che più che mai oggi, nel giorno della lettura, in Parlamento e sui giornali torna a contaminarsi con la cronaca scandalistica. Anche per questo c’è da augurarsi che l’esperimento sia ripreso in altre sedi, visto il successo e la calorosa accoglienza del pubblico napoletano, accorso numeroso e rimasto entusiasta in piedi, alla fine, per un lungo e meritato applauso.