Introduzione

Scritto da Paolo De Paolis – Elisa Romano.

Dopo la felice esperienza delle prime due edizioni dei seminari di giovani dottorandi e dottori di ricerca promosse dalla Consulta Universitaria di Studi Latini, il III Seminario nazionale per dottorandi e dottori di ricerca in studi latini si è svolto a Roma, il 20 novembre 2015, presso l’Aula Odeion della Facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza – Università di Roma.

Ancora una volta questa iniziativa ha riscosso un notevole successo, come appare dalle molte proposte che sono arrivate alla Commissione Ricerca della CUSL, che ha svolto il compito di Comitato scientifico del seminario. La gran parte delle proposte, interessanti e ben fondate metodologicamente, sono state accolte dalla Commissione e in questo modo venti giovani studiose e studiosi hanno dato vita ad una giornata intensa e piena di stimolanti relazioni.

Anche per la terza edizione è stata adottata la formula della relazione seguita dall’intervento di un interlocutore, che, prendendo spunto dal primo intervento, poteva proporre approfondimenti ed ulteriori riflessioni. Ne è scaturito un serrato confronto, che ha consentito di discutere con particolare impegno numerose questioni e di valutare le prospettive di ricerca che i temi trattati lasciavano intravvedere. Tutti gli interventi, infatti, hanno preso spunto o dalle ricerche che giovani dottorande e dottorandi stanno svolgendo per la tesi finale, o dagli sviluppi che sono nati dalle tesi già discusse per tutti coloro che hanno già conseguito il dottorato.

In questo modo il seminario è venuto incontro a una duplice finalità: quella di offrire ai nostri giovani una sede di esposizione e di confronto del loro lavoro scientifico, e quello di poter verificare lo stato di salute della ricerca dei giovani che iniziano la propria attività scientifica nel campo degli studi latini.

La serie degli interventi ha toccato tematiche molto diverse: dalla poesia arcaica a quella tarda, dall’erudizione repubblicana all’opera di grammatici e commentatori tardoantichi, dalla poesia di epoca imperiale alla fortuna dei classici. La varietà di queste tematiche è stata il vero filo conduttore dell’intera iniziativa, mostrando come i nostri giovani riescano a muoversi con sicurezza e padronanza in campi tanto diversi, che richiedono competenze tecniche, sensibilità letteraria e linguistica, acribia filologica.

La nostra speranza è che tutto questo impegno e questa ricchezza non vadano dispersi nelle tristi contingenze che l’Università italiana e in particolare gli studi classici stanno attraversando in questo momento. Se per noi vedere l’interesse e le capacità di lavoro scientifico dei nostri giovani è motivo di grande speranza, non possiamo non sentire il peso della grande responsabilità che noi abbiamo nei loro confronti e nei confronti degli studi classici nel nostro paese.

La pubblicazione degli Atti nella Biblioteca di ClassicoContemporaneo vuole essere proprio un piccolo segnale di questo nostro impegno, che consenta a tutti i partecipanti di trovare uno spazio di pubblicazione per i loro lavori. Per questo risultato siamo grati in primo luogo ai Direttori della rivista, che accolgono nuovamente la pubblicazione di questo incontro promosso dalla CUSL; quindi alla Commissione ricerca della CUSL, che ha coordinato l’intera iniziativa e in particolare a Caterina Mordeglia, che ha curato la revisione dei contributi pervenuti; a Lavinia Scolari, che degli articoli ha invece curato la redazione.

La Consulta sta già programmando per il 2017 la realizzazione di una quarta edizione dei seminari, rendendo così stabile una iniziativa che ha ottenuto risultati così positivi e che è divenuta modello anche per analoghe iniziative promosse da altre Consulte. Il nostro auspicio è di avere ancora numerosi contributi di qualità, come è avvenuto per l’edizione di cui ora pubblichiamo gli Atti.

Memoria e sapientia: meccanismi e crisi della memoria in Varrone

Scritto da Irene Leonardis.

By reconsidering the vocabulary of remembering explored in De lingua Latina, the paper aims to point out Varro’s concept of memory: its functioning and its function. According to him, memoria is a manimoria, which remains alive in human mind and transmits knowledge (manet/monet). Together, I examine, through the cognitive metaphor of ‘eating’ and especially of ‘ruminating’, the link between repetition and education. The examples taken from Roman Republican culture, from Quintilian, Philo and Church Fathers show that repeating (‘ruminating’) is the means for acquiring and passing down knowledge. I focus then on the employ of the reflexive ruminari (‘to repeat aloud to someone’). Comparing its use to the chapter devoted to memory in Augustine’s Confessiones, I attempt to reconstruct the distinction, probably made up by Varro, between ‘memory’ and simple ‘repetition’: ‘rumination’ is useful for remembering, but it is not productive memory. As it appears in the fragments of Menippeae, this type of repetition can be mocked in contexts where tradition is considered useless. By this reflection Varro probably wanted to denounce contemporary cultural crisis and the devaluation of traditional upbringing practices. Some evidence will be given to support my suggestion that this discussion about the transmission of memory was originally made in Antiquitates, in order to introduce this work as a monumentum¸ a storage of productive memory for Romans

 

Sulla base del riesame del lessico del ricordo analizzato nel De lingua Latina, l’articolo tenta di mettere in luce il funzionamento e la funzione della memoria secondo Varrone: la “manimoria”, rimanendo viva nella mens, trasmette il sapere (manet-monet). In parallelo, si considera il rapporto tra ripetizione mnemonica ed educazione a partire dalla metafora cognitiva del nutrimento, in particolare del ‘ruminare’. Gli esempi, tratti dalla cultura romana repubblicana, da Quintiliano, da Filone Alessandrino e dai Padri della Chiesa, mostrano che il ripetere (‘ruminare’) rappresenta lo strumento di acquisizione e trasmissione di sapientia. Si esaminano, poi, le occorrenze del riflessivo ruminari (‘ripetere ad alta voce a qualcuno’). Attraverso un confronto con il capitolo sulla memoria presente nelle Confessiones di Agostino, si tenta di ricostruire la distinzione tra ‘ricordo’ e semplice ‘ripetizione’/‘ruminare’, verosimilmente riconducibile a Varrone: il ‘ruminari’ sarebbe funzionale, ma non equivalente alla memoria. Infatti, come emerge dal suo uso nelle Menippeae, la “ripetizione ruminante” è derisa in contesti in cui la tradizione è considerata inutile. Con tale riflessione il Reatino voleva forse denunciare la crisi culturale coeva e la svalutazione delle pratiche educative tradizionali. Alcuni indizi fanno ipotizzare che questa trattazione della memoria fosse originariamente esposta nelle Antiquitates, possibilmente per presentare l’opera come monumentum, come contenitore di memoria viva per i Romani

 

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“Ruminare” il passato: osservazioni sul lessico

Scritto da Antonino Pittà.

The importance of preserving a thoughtful memory of the past is patent in Varro’s antiquarian survey, as can be easily seen not only from the dismembered leavings of Varro’s works, but also from quotations of Varro’s statements in authors like Pliny the Elder. To explain the process of learning ancient history in a proper way, Varro probably employed the metaphor of ruminating: the best way to keep the knowledge of the past alive is to ‘ruminate’ it. However, the right interpretation of the verb ruminor is quite difficult. Due to the fragmentary and corrupt survival of the majority of the occurrences, it is not easy to determine whether ruminor corresponds to the only action of retaining something branded in our minds, or it conveys also the idea of reciting something by heart. In addition to this, sometimes are uncertain the very context, the genre and even the title (as for the loghistoricus Catus or Cato) of the works whence come the occurrences of the verb. Therefore, in this short essay I am trying to discuss some controversial aspects of our sources for the meaning of ruminor.

 

Mantenere vivo il ricordo del passato è un elemento di fondamentale importanza nella ricerca erudita di Varrone, come si può vedere, oltre che dagli sparsi resti della sua produzione, dalle riprese di posizioni varroniane in autori come Plinio il Vecchio. È probabile che Varrone, per indicare il processo di assimilazione della memoria storica, ricorresse alla metafora del ruminare: solo “ruminando” il passato se ne acquisisce una vera padronanza. Tuttavia, interpretare il valore esatto del verbo ruminor nelle sue varie attestazioni non è agevole. Lo stato frammentario o corrotto delle testimonianze rende infatti difficile definire se ruminor, in Varrone e in generale nella cultura romana, indicasse l’atto di ripetere un concetto solo mentalmente o se esprimesse anche una sfumatura “orale” (ripetere a voce). Inoltre, spesso sono controversi il contesto, la natura e perfino il titolo (come nel caso del logistorico Catus o Cato) delle opere da cui provengono le occorrenze del verbo ruminor. In questo breve contributo cerco appunto di mostrare alcune delle aporie poste dal materiale, a volte ambiguo, in nostro possesso.

 

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Note critiche e filologiche ad alcune glosse virgiliane tramandate nel Liber glossarum∗

Scritto da Silvia Gorla.

New conjectures for some Virgilian glosses conserved in the Liber Glossarum with a corrupted text (AM 284, AM 27, AV 433) are proposed, by means of the detection of loci paralleli in the Virgilian scholiography known so far. An exegetical misunderstanding ad Georg. 1, 217, auratis cornibus (AV 300 e AV 301) is lastly found out.

  

Si propongono nuove congetture per alcune glosse virgiliane conservate nel Liber glossarum in forma palesemente corrotta (AM 284, AM 27, AV 433), tramite l’individuazione di luoghi paralleli nella scoliografia virgiliana a nostra conoscenza. Si scopre inoltre un fraintendimento nell’esegesi ad Georg. 1, 217, auratis cornibus (AV 300 e AV 301).

 

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In margine alla glossa AU 301 del Liber glossarum*

Scritto da Michele De Lazzer.

After some remarks on marginal signs of Liber glossarum, it is dealt with textual problems reserved by gloss AU 301 Auratis cornibus: querquos (?) dixit aura plenos, id est rorulentos where it comes into view an embarassing querquos dixit, without correspondence in the source, in Schol. Bern. ad G. 1, 217. If we consider that this voice appears identical – however without the uncertain reference to the oaks – in the previous AU 300,we think about an accidental corruption happened during the first part of making and transmission of the Liber, supposing, as a consequence, that identity with the first term of lemma could have encouraged the scribe to write in AU 301 the same text of the previous gloss. Supposing that this hypothesis is true and thanks to comparisons offered by other glossaries, a quite likely reconstruction may well be suggested about the original text situation.

 

Dopo qualche osservazione in merito agli indicoli del Liber glossarum, si affrontano i problemi testuali che riserva la glossa AU 301 Auratis cornibus: querquos (?) dixit aura plenos, id est rorulentos, dove compare un imbarazzante querquos dixit, senza riscontro nella fonte, in Schol. Bern. ad G. 1, 217. Se consideriamo che la voce si ritrova identica – ma senza l’incerto riferimento alle querce – nella precedente AU 300, si pensa ad un guasto accidentale avvenuto nella prima fase di allestimento e trasmissione del Liber, ipotizzando che l’identità con il primo termine del lemma abbia spinto il copista a scrivere in AU 301 il testo della glossa precedente. Partendo da questa lettura, e grazie al conforto di altri glossari, è possibile avanzare una ricostruzione, abbastanza probabile, della situazione testuale originaria.

 

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