Premessa

Scritto da Paolo De Paolis.

Il problema della valutazione della ricerca scientifica è da tempo oggetto di un ampio dibattito in Italia, tanto maggiore quanto maggiore è stato il ritardo di una diffusione della cultura della valutazione nel nostro Paese. Questo ritardo nella costruzione di un modello di valutazione, se da un lato poteva avere il vantaggio di poter prendere in considerazione esperienze già maturate e discusse nelle comunità scientifiche di altri Paesi, si è dovuto dall’altro misurare con le specificità della ricerca scientifica italiana e con le complesse regole, spesso non scritte, del sistema accademico italiano. Ne è derivato un dibattito ampio e variegato che ha stentato a trovare sbocchi costruttivi, forse per l’assenza di un linguaggio comune fra i suoi partecipanti, divisi fra chi rimaneva legato ai meccanismi non codificati ma comunque forti di un consenso della comunità scientifica non basato su procedimenti definiti e descrivibili, e chi invece cercava di individuare criteri, procedure, indicatori fortemente codificati e “oggettivi” che limitassero gli elementi di discrezionalità nella attività valutativa.

Questa discrasia si è rivelata ancora più ampia nel settore delle discipline umanistiche: se infatti le “scienze dure” si sono orientate sui meccanismi “bibliometrici”, che avevano il vantaggio di fare riferimento e di utilizzare strumenti già predisposti e diffusi a livello internazionale, che sono stati quindi adoperati con una certa condivisione, pur in presenza di un dibattito sulla loro efficacia nella attività valutativa, per le discipline umanistiche si è invece dovuto procedere a individuare strumenti adatti, con diversi gradi di approssimazione che hanno suscitato e ancora suscitano reazioni negative di vasta portata. Di questo compito si è fatta carico l’Agenzia per la Valutazione dell’Università e della Ricerca, che ha proceduto in una terra largamente incognita, circondata da un disinteresse iniziale che si è poi velocemente trasformato in frequente disapprovazione e protesta per le soluzioni adottate.

Il presente volume, che nasce da un Convegno organizzato presso l’Università Roma Tre dalla Consulta Universitaria di Studi Latini (La valutazione della ricerca umanistica: modelli e prospettive, Roma, 8 giugno 2018) intende fornire un contributo a questo dibattito, in corso ormai da molti anni, ospitando voci diverse di esperti di valutazione della ricerca umanistica, in una chiave essenzialmente propositiva, cercando di individuare quali potrebbero essere i criteri, le metodologie, gli approcci che possono garantire una forma di valutazione della ricerca di ambito umanistica basata sulla trasparenza degli strumenti adottati e su un alto grado di attendibilità, senza però abbandonare alcuni dei punti di forza che hanno reso e ancora rendono la ricerca scientifica italiana di area umanistica una delle più apprezzate al mondo.

Gli interventi qui raccolti non vogliono quindi dare una risposta definitiva a una questione così complessa, ma fornire un contributo di idee ed esperienze che possa favorire la definizione di un sistema valutativo sempre più efficace e condiviso.

 

Paolo De Paolis

Presidente Consulta Universitaria di Studi Latini

Università di Verona

Presupposti epistemologici della valutazione/misurazione

Scritto da Claudio La Rocca.

Il titolo del mio contributo, che suona forse un po’ enfatico, vuole proporre una breve riflessione sul rapporto tra le procedure istituzionalizzate di valutazione della ricerca e la dimensione più generale della valutazione in quanto tale. Vorrei chiedermi cioè in che misura quella che per chiarezza andrebbe chiamata neo-valutazione1, e che in questa sede ho proposto di indicare con “valutazione/misurazione”, si ponga in continuità (o addirittura esprima) le pratiche consuete di valutazione esercitate nelle comunità scientifiche e, più in generale, in molti aspetti della nostra vita. Anticipo da subito che la tesi sarà negativa, in favore cioè di una chiara distinzione e netta discontinuità, che credo meriterebbe di essere oggetto di riflessione più di quanto solitamente avvenga.

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Miti d’oggi: la valutazione e le sue ideologie

Scritto da Elio Franzini.

Sigfried Kracauer negli anni trenta del Novecento indicava come obiettivo dell’intellettuale la distruzione delle forze mitiche, intorno e dentro di noi, cioè le rappresentazioni consolidate e stabili della vita umana che fanno apparire ciò che è storico e contingente come naturale e immodificabile.

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“There is no alternative”? Uno sguardo genealogico al futuro della valutazione

Scritto da Valeria Pinto.

Parto dal titolo del mio intervento, il quale contiene i termini del discorso che vorrei sviluppare, in risposta a una chiamata che inizialmente mi ha creato qualche imbarazzo. L’invito a «un contributo propositivo, a non soffermarsi a discutere sui modelli valutativi finora applicati, sui quali esiste ormai da tempo un ampio e variegato dibattito, ma di individuare […] possibili modalità di valutazione adeguate a tali specificità» mi avrebbe portato a rinunciare a questa importante occasione se avessi dovuto prenderlo alla lettera, ovvero come un invito a separare ciò che giudico un errore separare – intendo contributo propositivo e discussione dei modelli finora applicati – e se il rimando ad un ampio dibattito avesse sottinteso l’idea di una diagnosi con punti fermi e condivisi, primo fra tutti quello dell’esistenza di una valutazione adeguata, della sua effettiva possibilità o comunque della sua inaggirabilità.

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Sulla diffidenza per la valutazione in ambito umanistico

Scritto da Paolo D’Angelo.

Su “La Repubblica” del 28 Aprile 2018 Elena Cattaneo scriveva: «La ricerca, umanistica e scientifica, è per sua natura collaborativa, globalizzata e specialistica». Elena Cattaneo è una valentissima scienziata, ma bisogna pur dire che la sicurezza con la quale viene enunciata questa frase sembra, per la ricerca umanistica, inversamente proporzionale alla sua verità. Rispetto ad ognuno dei tre aggettivi utilizzati le diversità tra ricerca nell’ambito umanistico e nell’ambito delle scienze naturali, o se si vuole delle scienze “dure”, sono molto maggiori delle convergenze.

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