Le incertezze del maestro: strategie di un proemio in Ovidio, Fasti 5, 1-9

Scritto da Luca Basso.

Il contributo prende in esame il proemio al quinto libro dei Fasti (5, 1-9), che avvia la disputa erudita delle Muse sull’etimologia del mese di maggio. Attraverso un’analisi intertestuale condotta su alcuni predecessori elegiaci (Properzio) e didascalici (Lucrezio, Virgilio), cercherò di mostrare come Ovidio, in questo proemio, voglia attivare un modello di poesia aperta a “verità” molteplici, destinato a trovare un’immediata applicazione proprio nella dissensio delle Muse. Non è un caso che questa impostazione sia accentuata proprio quando inizia a emergere in modo preponderante il problema dell’onomastica del mese, che viene trattato in due ampi dibattiti negli ultimi due libri. Il problema erudito è destinato ad assumere una sfumatura politica man mano che ci si avvicina ai due mesi recentemente ribattezzati da Cesare e Augusto. La nuova poetica “inclusiva” di Ovidio si mostra disponibile ad assorbire nuove realtà culturali (anche nuove divinità) all’interno di un genere poetico dai tratti fortemente tradizionali, senza però sacrificare la libertà e l’autonomia del poeta.


The paper deals with the proem of the fifth book of the Fasti (5, 1-9), which introduces the learned discussion of the Muses on the etymology of the month of May. Through an intertextual research, carried out on the predecessors, both elegiac (Propertius) and didactic (Lucretius and Vergil), I shall demonstrate that Ovid, in this proem, wants to activate a model of a poetry open to multiple “truths”, which finds a sample in the dissensio of the Muses. It is not by chance that this conception is stressed when the problem of the name of the months becomes predominant in the poem (it is dealt with through the wide debates of the last two books). The learned problem is going to acquire a political nuance as the poem approaches the months recently renamed after Cesar and Augustus. Ovid’s new “inclusive” poetics prove available to absorb new cultural actors (even new divinities) within a poetic genre based on highly traditional contents, without setting aside poet’s freedom and autonomy.

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Ricordare o dimenticare? La memoria della nobilitas al bivio e il suo uso nelle orazioni di Cicerone

Scritto da Giacomo Bellini.

L’articolo cerca di enucleare ed esemplificare tre direzioni nelle quali lo slogan della nobilitas viene declinato e manipolato da Cicerone: quando l’oratore deve difendere il proprio assistito, il legame privilegiato e diretto tra costui e l’illustre passato della famiglia da cui proviene è dato per scontato e riconosciuto; quando deve convincere un interlocutore, il criterio della nobilitas è impiegato come strumento di stimolo, affinché il personaggio chiamato in causa, spinto a recuperare i propri legami con la sua tradizione familiare, possa finalmente dimostrarsi all’altezza degli antenati che lo hanno preceduto; infine, quando l’obiettivo è la critica o la derisione dell’avversario, Cicerone si serve di vari procedimenti argomentativi per rimarcare la degenerazione e l’allontanamento del discendente rispetto all’illustre esempio rappresentato dai suoi antenati. In conclusione si mostra come quest’ultima strategia preluda alla radicale messa in discussione del criterio della nobilitas in quanto tale e alla negazione della sua funzione di riconoscibilità pubblica e di legittimazione politica.


In this paper, the perusal of some excerpts of Cicero’s political and forensic speeches shows that Cicero uses the rhetorical and ideological device of the slogan of nobilitas in three different ways. In some cases, Cicero takes for granted and he highlights the family relations linking the great protagonists of Roman history and the people he defends. In other cases, he casts doubt on these relations even when they are potentially still ongoing. In the remaining cases, he tries to prove that these relations are irreversibly broken and he treats the living person against whom he is addressing his invective as being totally unrelated to the gens they belong to. Finally, the paper focuses on the third strategy adopted by Cicero and it shows how this strategy can be used to debate whether nobilitas is a valid argument per se and whether it contributes to public popularity and to political validation.

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Fraus annibalica (e scipionica?) all’opera: Sil. 7, 282-380 e la declinazione perversa della Dolonia

Scritto da Francesco Cannizzaro.

In Sil. 7, 282-380 è raccontato lo stratagemma annibalico che permette all’esercito punico di forzare il blocco romano: una notte i Cartaginesi legano fascine infuocate alle corna di duemila buoi lasciati liberi di correre e le sentinelle romane fuggono impaurite. In questa sequenza narrativa Silio si confronta con la catena di risvegli dei capi achei nella Dolonia iliadica. Questi ultimi, però, sono sostituiti da perfidi comandanti punici, i quali, solo apparentemente iper-epici, fanno mostra di una virtus degradata, distruttiva e fraudolenta: la virtù notturna della Dolonia, diversa da quella convenzionale dell’aristia bellica, non disprezzata nell’Iliade ma già problematizzata in Virgilio, si presenta nella sua declinazione peggiore. Anche Scipione in terra africana, nel racconto degli storici, inganna e devasta, incendiando di notte gli accampamenti di Siface e Asdrubale Giscone; Silio, però, depura il suo eroe da ogni macchia di frode, trasferendo semmai alcuni elementi di questa vicenda nella scena del libro settimo in modo da porre enfasi sulla degradazione della virtus dei comandanti punici.


In Sil. 7, 282-380 Hannibal devises an astute plan to free his army from encirclement by the Romans: at night, the Punic warriors set fire to brushwood tied around the horns of 2,000 plough oxen and, as a consequence, the Roman sentinels flee away. In this narrative sequence Silius draws inspiration from Iliad 10, when the Argive leaders wake up before Odysseus and Diomedes’ night mission begins. Nevertheless, the Argive leaders are replaced by treacherous Punic warriors, who at first glance seem “hyper-epic” characters but then show how cruel and morally base their virtus is. The nocturnal virtue, albeit different from the conventional virtue of the aristeia, is not despised in the Iliad, while in the Punica (and, beforehand, in Virgil’s Aeneid) is highly problematized. The second part of the article focuses on Scipio, who according to the historians treacherously sets fires and destroys at night Syphax’ and Hasdrubal Gisco’s military camps. It is argued that Silius cleans up Scipio’s portrait and uses elements of this episode in the narrative sequence of the seventh book in order to put emphasis on the degradation of Punic leaders’ virtus.

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Per la genesi dell’Ars Riuipullensis, un commento inedito al De partibus orationis di Donato

Scritto da Daniela Gallo.

L’Ars Riuipullensis è un commento di età carolingia all’Ars grammatica di Donato incentrato sullo studio delle partes orationis. L’articolo si compone di due sezioni: nella prima vengono analizzati i testimoni dell’opera e se ne stabiliscono i rapporti di parentela da un punto di vista testuale e storico; nella seconda, invece, attraverso l’esame di alcuni passi e il confronto con le fonti dell’anonimo autore e con i testi che può aver avuto a sua disposizione, vengono formulate alcune ipotesi a proposito dell’epoca e del luogo di composizione del manuale.


Ars Riuipullensis is a comment dating back to the Carolingian Age on the Ars grammatica by Donatus, focusing on the study of partes orationis. The article is made of two sections: on the one hand, the first part includes the analysis of the work’s witnesses and the acknowledgement of their relationships from a textual and historical point of view; on the other hand, the second part envisages, thanks to the examination of some passages and the comparison with the sources of the anonymous author and with the texts that he might have had available, the formulation of some hypotheses about the time and place of composition of the textbook.

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Paesaggi inameni della letteratura latina fino al II sec. d.C.

Scritto da Rosa Mauro.

Questo articolo intende contribuire allo studio dei paesaggi inameni della letteratura latina fino al II sec. d.C. mediante una nuova proposta di sistemazione di una categoria ancora sostanzialmente inesplorata e che gode di minore successo rispetto al più celebre topos letterario del locus amoenus. Gli studi apparsi negli anni che si sono occupati della natura descritta in termini negativi, alcuni dei quali di carattere antropologico, non hanno offerto una visione d’insieme del tema e hanno moltiplicato i riferimenti terminologici (paesaggio dionisiaco, locus horridus, locus terribilis, locus horribilis, etc.), senza definire con esattezza i caratteri e gli elementi delle diverse tipologie dell’inameno. Per cercare di chiarire i confini interni tra le varie tipologie, si è resa necessaria un’analisi dei testi, finora a mio parere trascurati, utile per riconoscere gli usi lessicali ricorrenti in ogni singola manifestazione dell’inamoenus: lo studio degli aggettivi, senza sottovalutare la funzione che la descriptio svolge all’interno dell’opera, ci permettono di assegnare un’ἔκφρασις a un tipo di paesaggio invece che a un altro. Nel presente contributo, che costituisce la presentazione generale e sintetica di un lavoro di ricerca più ampio, un’attenzione particolare è dedicata allo status quaestionis e ad alcuni loca horrida con evidenti affinità di ordine tematico e stilistico.


My paper aims at contributing to the evaluation of the “unpleasant” landscapes in Latin literature up to the II century A.D. through a new classification proposal for a category which is yet unexplored and less famous than the literary topos of the locus amoenus. The studies that hitherto have dealt with nature described in negative terms (some of which are anthropological) have not provided an overview of the theme and have multiplied terminological references (Dionysiac landscape, locus horridus, locus terribilis, locus horribilis, etc.), without exactly defining the characteristics and elements of the different “unpleasant” places typologies. In order to clarify the boundaries between these typologies, a textual analysis of the passages, in my opinion not fully estimated till now, has become necessary. Such analysis is useful for identifying the most frequent lexical uses in each manifestation of the inamoenus: a study of adjectives, without ignoring the role of descriptio within the work, allows us to assign a ἔκφρασις to one type of landscape rather than another. In this contribution, which constitutes the general and concise presentation of a broader research work, particular attention is paid to the status quaestionis and to some loca horrida with similar thematic and stylistic features.

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