Prefazione a F. Maiullari, L’interpretazione anamorfica dell’Edipo Re. Una nuova lettura della tragedia sofoclea

Scritto da Oddone Longo.

[Nota introduttiva]

La mia opera del 1999 sulla tragedia sofoclea fu resa possibile grazie alla disponibilità di Oddone Longo che, come un prezioso maestro, percepito il valore e la coerenza della mia intuizione, mi accompagnò nello svolgimento di tutto il lavoro, durato cinque anni, fino a scriverne la Prefazione, quando Bruno Gentili accettò di pubblicare il saggio in una Collana da lui diretta.

Conobbi Longo tramite Luciano Canfora che, negli anni Novanta del secolo scorso, era frequente ospite delle attività culturali organizzate dalla Biblioteca cantonale di Locarno. Come medico, specialista in Neuropsichiatria infantile e analista di orientamento adleriano, dirigevo il Servizio medico-psicologico di quella città. Mi ero sempre interessato di mitologia classica e il 26.3.1993 avevo organizzato, in collaborazione con la suddetta Biblioteca, una giornata di studio su “Mito, Psiche e Clinica”. Il convegno nacque come naturale conseguenza del mio libro, fresco di stampa, Edipo e Teseo. Storia di un doppio mimetico, in cui confrontavo la storia lunare/notturna di Edipo con quella solare/splendente di Teseo.

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Minerali, piante, animali e uomini: indagine lessicale sul rapporto tra i regni naturali e l’ambiente nella Grecia antica

Scritto da Andrea Cozzo.

Abstract

L’articolo indaga il rapporto che sussiste nella Grecia antica tra la terra e i cosiddetti regni naturali (minerale, vegetale, animale, umano) alla luce del lessico utilizzato per indicarlo e mostra che, a differenza di quanto avviene presso di noi, esso   spesso analogo per tutti e quattro gli ambiti. L’azione della terra (o altri elementi eco-sistemici) nei confronti degli elementi che appartengono ai diversi regni, infatti, tendenzialmente designata dagli stessi verbi (vengono presi in considerazione phýein, ghennán, bóskein, tréphein, phérein, anadidónai): la terra phýein (e ugualmente possono essere usati anche gli altri verbi) sia uomini, sia animali, sia piante, sia minerali.

 

The paper investigates the relationship existing in ancient Greece between the earth and the so-called kingdoms of nature (mineral, vegetable, animal, human) in the light of the vocabulary used to indicate this relationship, and shows that, unlike what happens today, this is often similar for all four kingdoms. The action of the earth (or other eco-systemic elements) towards the elements belonging to the different kingdoms, is designated, tendentially, by the same verbs (phýein, ghennán, bóskein, tréphein, phérein, anadidónai are considered): the earth phýein (the other verbs can also be used as well) men, animals, plants, and minerals alike.

 

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Je suis le miroir à la fin de la décadence: Mirror-Games between Sidonius Apollinaris and Jean Marcel

Scritto da Filomena Giannotti.

Abstract

Questo paper intende confrontare l’Epist. 4, 8 di Sidonio (insieme al Carm. 29) e la riscrittura dello scrittore canadese Jean Marcel (1941-2019) nel romanzo Sidoine ou la dernière fête (1993), uno degli esempi più significativi della fortuna di Sidonio negli ultimi decenni. Nel 467 d.C. circa l’aristocratico gallo-romano Sidonio Apollinare compose dei versi da incidere su un bacile d’argento a forma di conchiglia per la regina Ragnahilda, moglie del re dei Visigoti Eurico. I versi (Carm. 29), inclusi nell’Epist. 4, 8, hanno ispirato il capitolo di Marcel intitolato Ce que dit le miroir de Ragnahilde le 10 décembre 467, in cui si immagina siano destinati a essere incisi sulla cornice di uno specchio per «la più bella del reame»: la splendida Ragnahilda. La regina è ritenuta un po’ strega, ed ecco che la superficie d’argento comincia ad animarsi in «onde del tempo». L’artificio è introdotto affinché Ragnahilda veda scorrere davanti alcuni episodi cruciali della vita di Sidonio, ma soprattutto i principali eventi della “decadenza” di Roma, fino alla fatidica data della «caduta senza rumore» dell’Impero d’Occidente, il 476, lo stesso anno in cui il poeta è prigioniero per la sua resistenza contro i Visigoti.

This paper aims to make a comparison between Sidonius’ Epist. 4, 8 (together with Carm. 29) and Jean Marcel’s rewriting, which is one of the most relevant examples of Sidonius’ reception in the last decades. In 467 A.D. ca the Gallic-Roman aristocrat Sidonius Apollinaris composed a poem to be engraved on a shell-shaped silver basin for Queen Ragnahilda, the wife of Euricus, King of the Visigoths. The poem (Carm. 29), included in Sidonius’ Epist. 4, 8, has recently inspired the Canadian writer Jean Marcel in his novel Sidoine ou la dernière fête (1993). In the chapter entitled Ce que dit le miroir de Ragnahilde le 10 décembre 467 Sidonius’ verses are destined to be engraved on the frame of a mirror for «the fairest of them all»: the splendid Ragnahilda. She is reputed to be a bit of a witch, so the silver surface suddenly begins to come alive. Looking through those «waves of time», the queen glimpses several crucial episodes of Sidonius’ life against the background of Roman “decadence”, until the fateful date of the «noiseless fall» of that Western Empire, 476 A.D., the same year in which the poet is prisoner for his resistance.

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The Concept of International Peace in Cicero’s and Kant’s Thought: Comparing Ancient and Modern Views

Scritto da Filippo Attinelli.

Abstract

The idea of peace has always been at the core of the debate concerning the development of international relations. By comparing Cicero’s and Kant’s thought, this article seeks to find a theoretical junction between ancient and modern views. Despite belonging to different eras, Cicero and Kant reach similar conclusions. Thanks to their high level of criticism towards the political dynamics of their time, these two authors anchor harmony to the domestic consolidation of Republican culture. However, it must be said that their arguments arise from different starting points. According to Cicero, history had made Rome responsible for the maintenance of inter-community balance. Therefore, his idea of pax was grounded on the solidity and superiority of Rome’s Republican institutions and virtues. On the contrary, Kant wishes for the independence of States. In his view, only a shared acceptance of the Republican form of government can bring to the peaceful cooperation of nations. In both Cicero’s and Kant’s standpoints, the absence of conflict is the outcome of the consolidation of the Republic. This is because Republican systems cannot be based on individualistic logics, but on social principles oriented to the achievement of the common good.

Il concetto di pace è sempre stato al centro del dibattito inerente ai meccanismi di sviluppo delle relazioni internazionali. Attraverso l’analisi comparata del pensiero ciceroniano e kantiano, il presente articolo si pone lo scopo di trovare un punto di raccordo teoretico tra visioni antiche e moderne sull’argomento. Seppure appartenenti a due ere estremamente distanti tra loro, Cicerone e Kant giungono a conclusioni pressoché similari in punto di principio. Grazie alla loro capacità critica nei riguardi della realtà politica caratterizzante i rispettivi tempi, entrambi gli autori ancorano il raggiungimento dell’armonia tra i popoli al consolidamento della cultura repubblicana. Tuttavia, mentre Cicerone teorizza una pax garantita dalla solidità delle istituzioni di Roma in quanto nazione superiore ed eletta dalla storia a responsabile degli equilibri tra le genti, Kant auspica l’indipendenza degli Stati, nonché la capacità di cooperare tra loro grazie ad un collettivo accoglimento della forma di governo repubblicana. Sia per Cicerone che per Kant, l’assenza di conflittualità internazionale sarà dunque il risultato di una stabilizzazione del sistema politico domestico in chiave repubblicana. Ciò avverrà perché la Repubblica, in quanto forma di governo ideale, rifiuta ideologicamente l’accoglimento di logiche personalistiche, basandosi invece su principi sociali orientati al raggiungimento del bene comune.

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Gli unicorni prima dell’Unicorno: uno sguardo etno-biologico sulla fauna esotica dei Greci e dei Romani

Scritto da Pietro Li Causi.

Abstract

Can the one-horned animals described by authors such as Ctesias, Megasthenes, Aristotle or Pliny be considered forbears of the Medieval and post-modern Unicornis? In a way, some of the generic species of Greco-roman lore can be undoubtedly thought of as prototypes of the current representation of the animal. However, a deep analysis of the zoological knowledge of the ancients shows several frictions and breakpoints between the classical era and late-ancient and medieval Christianity as well as contemporary pop culture.

È possibile considerare le specie unicorne di cui hanno parlato i Greci e i Romani come ‘antenate’ dell’Unicorno medievale e post-moderno? In un certo senso, la tradizione zoologica degli antichi può essere pensata come prototipica rispetto ai futuri sviluppi delle rappresentazioni della bestia in questione. Purtuttavia, una analisi approfondita del sapere costruito all’interno del genere della storia naturale grecoromana mostra diversi punti di frizione e rottura fra il mondo classico da un lato e le età tardo-antica e medievale, e la cultura pop, dall’altro lato.

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