Ai margini della cultura, ai margini della letteratura: architettura e medicina, “arti non liberali”

Scritto da Elisa Romano.

 Abstract 

L’articolo affronta la questione dello statuto dell'architettura e della medicina nella cultura antica. Queste due artes non furono mai riconosciute nel numero delle artes liberales, soprattutto a causa del loro legame con attività professionali retribuite, testimoniato dalle fonti giuridiche. Tuttavia nella cultura romana tardorepubblicana e imperiale troviamo qualche tentativo di valorizzare l'architettura e la medicina, collocandole in una posizione intermedia nella scala sociale e culturale, al di sotto delle arti liberali, ma al di sopra di quelle banausiche. La marginalità sociale e culturale si riflette anche nella letteratura tecnica, determinando un vero e proprio “complesso di inferiorità”. L'analisi di alcuni passi significativi di Vitruvio (De architectura) e di Celso (De medicina) rivela una continua ricerca di legittimazione. Al culmine di questo processo, almeno per la medicina, si trova il primato assegnato da Galeno alla medicina nella sua gerarchia delle τέχναι.

Seneca, Fabiano e il diluvio. Ancora su Sen. Nat. 3, 27-30

Scritto da Francesca Romana Berno.

 Abstract 

L’articolo analizza la dossografia esposta da Seneca a proposito del diluvio universale alla fine del terzo libro delle Naturales Quaestiones. Delle sei teorie proposte, ciascuna delle quali valorizza una causa specifica per il disastro naturale, solo due ricevono una certa attenzione: quella dello stesso Seneca, citata per ultima, e quella del suo maestro Papirio Fabiano, citata per prima. Fabiano, filosofo e già retore compagno di Ovidio alla scuola di Arellio Fusco, fu autore fra l’altro di un trattato scientifico che rappresenta una fonte di quello di Seneca. La sua ipotesi riportata nelle Quaestiones si caratterizza per l’afflato patetico e gli spunti mitologici, e contiene fra l’altro una celebre polemica letteraria diretta contro Ovidio e la sua narrazione del diluvio nel primo libro delle Metamorfosi, bollata come superficiale e inadatta al tema apocalittico. L’ipotesi di Seneca, ricca di riferimenti filosofici, si sostanzia di similitudini ispirate alla teoria organicistica e propone un concorso di tutti gli elementi alla distruzione del mondo. Dall’analisi emerge un intento emulativo di Seneca nei confronti del maestro, sia sul piano letterario che su quello scientifico: intento di cui la critica ad Ovidio costituisce una sorta di anticipazione.

Nox missa ab ortu. Variazioni del motivo astronomico nel mito di Tieste e Atreo

Scritto da Alice Bonandini.

 Abstract 

Nel Thyestes di Seneca, l’elemento astronomico rappresenta un vero e proprio Leitmotiv, che si concretizza in modo particolare nell’inversione del corso del Sole e nell’improvviso oscurarsi della luce del giorno. Il valore simbolico associato a questo doppio fenomeno è perfettamente coerente con la poetica senecana del nefas, tanto da divenire un vero e proprio topos nel corpus delle tragedie. Il contributo, attraverso un’indagine sistematica delle fonti, ricostruisce l’origine del motivo, indagandone da un lato la scarsa rispondenza rispetto alla teorizzazione scientifica antica, dall’altro i precedenti letterari: il mutamento dell’orbita solare è un tratto identificativo del mito di Atreo e Tieste fin dalle sue origini, ma nella letteratura greca assume caratteri e funzioni peculiari, diversi da quelli che, a partire dall’età augustea, si cristallizzano nelle forme a cui Seneca darà pieno sviluppo.

Il cosmo, l’anima, lo Stato. La descrizione del planetario di Archimede nel De republica di Cicerone

Scritto da Daniele Pellacani.

 Abstract 

Nel I libro del De republica di Cicerone, Gallo descrive il planetario di Archimede, uno strumento scientifico che, pur rappresentando un universo geocentrico, si è ipotizzato fosse mosso da un meccanismo sostanzialmente eliocentrico, in cui era il Sole a regolare il movimento degli altri corpi celesti. Alla luce di questa ipotesi si propone di interpretare la relazione analogica che lega, nel corso del dialogo, cosmo, anima e Stato, al fine di meglio comprendere quale sia il ruolo del moderator rei publicae all’interno della riflessione politica ciceroniana.

Varrone e la scienza del linguaggio

Scritto da Renato Oniga.

 Abstract 

Sebbene l’opera di Varrone sia stata criticata per il suo stile e il suo contenuto, così da essere esclusa dal processo di formazione della tradizione grammaticale tardoantica, essa contiene molti elementi importanti per lo sviluppo della moderna scienza del linguaggio. La sua concezione dell’etimologia è fondata sulla giusta individuazione del funzionamento della morfologia sincronica, ma comprende anche le prime intuizioni di morfologia diacronica. La discussione dell’analogia e dell’anomalia arriva a distinguere correttamente tra la formazione delle parole e la loro flessione. La rappresentazione tabellare delle declinazioni è una conquista scientifica e didattica ancor oggi in uso, proprio grazie alla riscoperta del pensiero di Varrone in età umanistica. Alcune idee tipiche nella linguistica del Novecento, come il paragone tra la lingua e una partita a scacchi, la sua natura computazionale e la distinzione tra problemi e misteri, hanno le loro prime formulazioni in Varrone. Pertanto, il De lingua Latinaè un testo che meriterebbe di essere maggiormente conosciuto e valorizzato nella cultura contemporanea a partire dalla formazione scolastica.