Allegoria

Scritto da Super User.

allegoria web"Allegoria" ha sempre cercato di restare fedele al progetto che è implicito nel suo nome - usare la letteratura per parlare di altro, per dire qualcosa di significativo sulla vita individuale e collettiva -, ma negli ultimi tempi è stato sempre più difficile rispettare un simile programma.

Non è un caso che l'unico grande dibattito da cui la critica letteraria europea è stata attraversata di recente abbia riguardato proprio la crisi della critica letteraria: la sua oggettiva marginalità, la sua incapacità di suscitare interesse, la sua angustia intellettuale.

Per fronteggiare meglio un simile stato di cose, per rilanciare la discussione teorica e lo spirito militante di "Allegoria", abbiamo deciso di aprire una nuova serie, la terza. Vorremmo far uscire la critica dal suo isolamento specialistico e riportarla nell'ambito generale della cultura. Vorremmo proporre un nuovo modello di discussione intellettuale e suscitare l'interesse dei critici, degli scrittori e dei lettori che condividono questo progetto, e in particolare di coloro che si sono formati negli anni del postmoderno.

Chichibìo

Scritto da Super User.

chichibìo Chichibìo è un giornale fatto da insegnanti, ma che si rivolge a tutti coloro che in vario modo sono interessati alla scuola, ne conoscono la funzione strategica e non si accontentano del sentito dire, di qualche esternazione ministeriale, di due o tre articoli giornalistici l'anno a celebrazione di un gruzzolo di consuete liturgie (inizio delle lezioni, occupazioni, esami di Stato, ecc.). Non è facile parlare di scuola in un paese che ha dimostrato in tanti modi di amarla assai poco. Chichibìo vuole farlo partendo dall'insegnamento dell'italiano, ma aprendo fin dall'inizio finestre su altri panorami. L'italianistica non sarà l'occasione per una querula lamentazione sulla condizione degli insegnanti, ma la prospettiva culturale (e la stratificazione del vissuto) in cui essi si riconoscono, la specola da cui osservare, discutere, polemizzare, prendere posizione: in nome di quella civiltà del dialogo e della ricerca di senso che è alle origini del percorso intellettuale di tanti docenti.

Chichibìo si propone di ridare visibilità alla scuola vera, non quella delle circolari o della vulgata giornalistica del momento; di ridare la parola e il gusto di parlare a chi è uno dei primi - ma anche uno dei più negletti - depositari di questo diritto-dovere; di ridare a chi l'abbia persa la consapevolezza della centralità del ruolo e, soprattutto, della funzione degli insegnanti.

La sopravvivenza e il successo di Chichibìo sono una scommessa, e gli azionisti di questa scommessa sono i suoi lettori-collaboratori. Gli articoli che ospiterà saranno scritti a partire dalla scuola e dai suoi molti problemi reali, così che esperienza vissuta e riflessione teorica trovino il giusto punto di intersezione. Il punto di vista che il giornale intende assumere è quello problematico e critico, ma anche propositivo e costruttivo, di chi vuole intervenire nel dibattito e partecipare "dall'interno" alla gestione del cambiamento.

Dionysus ex Machina

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dionysus«Oggi come ieri, teatro è responsabilità, consapevolezza di problemi civili, etici, comportamentali, impegno a scelte personali che possono essere traumatiche, ma che devono considerarsi ineludibili.

Oggi come ieri, teatro è acquisizione e governo di mezzi d’espressione, affermazione di umane conquiste, esaltazione di forze individuali e di esigenze sociali. Oggi come ieri, teatro è libertà, lotta per essere artefici della propria sorte, ricerca del significato dell’esistenza, meditazione di interrogativi spesso destinati a rimanere senza risposta, rifiuto di essere oppressi, disdegno di farsi oppressori».

Con queste parole Giusto Monaco, l’illustre filologo cui si deve tanta parte della fortuna che ha conosciuto la drammaturgia greca e latina, nell’ultimo scorcio del Novecento, sul duplice versante della ricerca scientifica e della sperimentazione scenica, definiva, poco prima di morire, natura e ruolo del teatro.

Non solo del teatro antico, ma del teatro in quanto tale. Non sfuggiva a Monaco che le antiche fabulae furono concepite come copioni destinati alla scena, che la filologia, che ha per oggetto quel corpus di opere deve, dunque, essere in primo luogo filologia teatrale, che non ha fondamento alcuno la pretesa della fedeltà archeologica nella riproposizione di tragedie e commedie classiche, laddove occorre, piuttosto, mettere a frutto le modalità proprie della comunicazione teatrale contemporanea e, contestualmente, render manifesta l’irriducibile alterità di voci che parlano di una civiltà lontana da quella odierna, seppure in qualche misura ne è all’origine.

La via lucidamente individuata era quella dell’indagine che contaminasse ambiti tra loro tradizionalmente distanti, filologia classica e riflessione teorica sui linguaggi della drammaturgia, archeologia e antropologia: la mise en scène, in questa chiave, doveva costituire un momento di sperimentazione e di verifica, capace di rendere il grande patrimonio culturale degli antichi, troppo spesso divenuto sapere specialistico per pochi raffinati esegeti, bene “popolare”, condiviso cioè da vasti strati sociali, per lo più rimasti esclusi dall’accesso a una cultura tradizionalmente “alta”.

Si trattava, in tutta evidenza, di una scommessa rischiosa, ma per oltre un ventennio vinta, con risultati difficilmente prevedibili, tanto dal punto di vista del progresso degli studi quanto per il successo riscosso da produzioni drammaturgiche che si avvalevano, in modo talora assai felice, dell’innovativa sinergia di antichisti e di professionisti del teatro.

La letteratura e noi

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la letteratura e noiAll’inizio del Novecento la condizione di esilio di intellettuale era un fatto di pochi, un fenomeno elitario, vissuto spesso, soprattutto dagli artisti, in forme metaforiche, per comunicare una situazione di isolamento esistenziale. Negli ultimi anni è diventata di massa e riguarda essenzialmente la sfera sociale. Una intera categoria, un ceto intero sono condannati alla precarietà e alla esclusione. I cosiddetti lavoratori della conoscenza - insegnanti, studenti, traduttori, addetti alla comunicazione - sono privi di potere, di autorità e sostanzialmente relegati nella perifericità. Con la morte di Pasolini, Fortini, Calvino, Volponi, Sciascia, Sanguineti si è chiusa anche la stagione dei grandi letterati-intellettuali, detentori di un’autorità pubblica e di una centralità culturale oggi inimmaginabili.

Questa nuova condizione del ceto intellettuale attraversa sia il mondo della letteratura e della critica (sono venti anni, ormai, che si parla di “crisi della critica”), sia il mondo della scuola. Gli insegnanti non solo hanno perduto credibilità sociale, ma sono stati, e sono tuttora, oggetto, insieme alla scuola pubblica, di una furiosa campagna di denigrazione e di umiliazione.

La nuova organizzazione di questo spazio intende misurarsi con questa situazione, e quindi da un lato con la crisi della letteratura e della critica e dall’altro con la realtà della scuola (didattica, riforma dell’insegnamento, condizione del professore in quanto intellettuale). Di qui i due settori in cui esso si suddivide (dibattito letterario e culturale e dibattito sui problemi della scuola e in particolare sull’insegnamento delle materie letterarie). Ma non è solo una questione di contenuti; è anche e soprattutto una questione di modi: vorremmo infatti che questo diventasse uno spazio di tutti, aperto agli interventi sia di scrittori e critici sia, soprattutto, della massa degli insegnanti e magari anche degli studenti. Si tratta di partire dal basso, puntando su relazioni orizzontali a rete e su connessioni liquide e veloci. Questo sito web può diventare così uno degli strumenti che la nuova condizione degli intellettuali si sta dando per trasformare la propria condizione di esilio in un luogo di elaborazione e di critica e dunque di nuovo protagonismo sociale e culturale.