The Debate over Liberal Arts Education in English-Speaking Countries: Martha Nussbaum’s "Not for Profit" and its Nineteenth-century Predecessors
Negli Stati Uniti si dice che i giovani devono studiare le cosiddette materie STEM (scienza, tecnologia, ingegneria [“engineering”] e matematica) per contribuire alla crescita economica del paese. Martha Nussbaum ne fa la controbattuta col suo libro Not for Profit: Why Democracy Needs the Humanities (2010). Il titolo sembra una critica al profitto, ma finisce col sostenerlo col ragionamento che gli studi umanistici esercitano l’immaginazione, il pensiero critico, e la creatività, i quali servono il profitto meglio delle materie STEM.
Dal momento che adopera il linguaggio degli avversari degli studi umanistici, anche per negarlo (“Not for Profit”), Nussbaum finisce col subordinare gli studi umanistici al mercato del lavoro capitalistico. Il ragionamento della Nussbaum, forse alla sua insaputa, risale agli albori della Rivoluzione Industriale in Inghilterra quando gli Utilitaristi restringevano la parola utile all’economia. I difensori degli studi umanistici, come John Henry Cardinal Newman nel suo The Idea of the University, facevano lo stesso ragionamento della Nussbaum, che finisce col dare ragione al lavoro capitalistico. Le crisi economiche e ambientali odierne aprono un capitolo nuovo in questo dibattito secolare perché ci danno altre e più profonde ragioni per sostenere gli studi umanistici.
The study of the humanities and the liberal arts is often under attack in the United States when young people are encouraged to major in the so-called STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) subjects in order to contribute to America’s economic growth. In her book Not for Profit: Why Democracy Needs the Humanities (2010) Martha Nussbaum attempts to counter this attack. Its title promises a critique of profit, but Nussbaum’s book ends up supporting it by arguing that the humanities nourish the imagination, critical thinking and creativity, qualities she says serve profit-making better than the STEM subjects. As soon as Nussbaum adopts the language of the humanities’ critics, if only to negate it (“Not for Profit”), she ends up subordinating the humanities to the capitalist labor market. Perhaps unknown to her, Nussbaum’s arguments date back to the beginnings of the Industrial Revolution in England when the Utilitarians narrowed the word utility to economic utility. The defenders of the liberal arts, such as John Henry Cardinal Newman in his The Idea of the University, used the same arguments as Nussbaum, arguments that end up supporting capitalism. Our current economic and environmental crises open a new chapter in this centuries-old debate because they provide new and deeper reasons for advocating liberal arts education.
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