Antonio e Cleopatra in scena

Scritto da Rossana Valenti. Pubblicato in: Scena

Della tragedia Antonio e Cleopatra di Shakespeare, datata intorno al 1608, gli studiosi hanno concordemente messo in rilievo la novità della forma tragica: pur usando le strutture e le convenzioni della tragedia antica (giunta all'età elisabettiana attraverso la mediazione dell'opera di Seneca, che ebbe straordinaria fortuna in quel periodo), Antonio e Cleopatra consacra la fine di quella forma per muovere lungo una nuova linea, segnata dall'adozione di una illimitata libertà spaziale – l'azione percorre le città, le terre e i mari di tre continenti: Europa, Asia, Africa – e da una inedita, trasgressiva mescolanza di comico e tragico.

Rispetto alla fonte – le Vite di Plutarco – Shakespeare si muove con una libertà assoluta anche sul piano dei tempi, piegati alle sue esigenze espressive: le ventiquattro ore canoniche del dramma classico vengono dilatate in anni, e gli anni, registrati dal racconto plutarcheo, e dal resoconto storico, divengono giorni o minuti dell’azione scenica. In realtà, la dimensione temporale della tragedia è mobile e confusa, perché strettamente correlata alla memoria: la memoria del pubblico, che conosce la storia di Antonio e Cleopatra, e la memoria degli stessi personaggi, continuamente intenti a evocare il proprio passato.

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