Copertina Biblioteca di Classico Contemporaneo

Introduzione

Scritto da Giuseppe Zanetto – Lucia Floridi.

 

Introduzione
La  miscellanea,  che  trae  origine  da  un  convegno  svoltosi  il  19  e  20  ottobre  2016 nell’ambito  del  dottorato  in  Scienze  del  patrimonio  letterario,  artistico  e  ambientale dell’Università  degli  Studi  di  Milano,  indaga  il  ruolo  della  classicità  –  in  particolare greca – nel patrimonio culturale italiano ed europeo, attraverso una serie di contributi sostanzialmente omogenei per livello scientifico, ma molto diversi per i temi affrontati, i   metodi   e   le   finalità   della   ricerca.   L’estrema   varietà   degli   approcci   e   delle problematiche trattate evidenzia come il mondo classico e il suo patrimonio artistico e letterario siano stati – e continuino a essere – fonte di ispirazione e termini di confronto per  gli  artisti  e  gli  intellettuali  più  diversi  per  interessi,  formazione,  periodo  storico, provenienza  geografica  e  culturale.  Se  è  dunque  difficile  sintetizzare  in  una  formula l’influenza  della  ‘classicità’,  e  in  particolare  della  ‘grecità’,  sulle  civiltà  ‘moderne’,  il volume offre, attraverso una serie di interessanti case-studies, un quadro diacronico e multidisciplinare di alcune delle forme che questa influenza ha di volta in volta assunto. Alcuni contributi indagano la fortuna di un singolo autore e/o di una singola opera, ora soffermandosi su aspetti specifici del suo Fortleben, come le traduzioni in una certa area  e  in  un  certo  periodo  storico  (Langella,  che  studia  le  traduzioni  italiane  dei Posthomerica di Quinto di Smirne tra Cinquecento e Ottocento), ora evidenziandone la ricezione ‘creativa’, nella forma della riscrittura, operata a fini artistici (Vannucci, che si sofferma sul Philoctète di Gide, mettendolo a diretto confronto con il suo modello, il Filottete  di  Sofocle)  o  scientifici  (Rossetti,  che  analizza  il  Somnium sive astronomia lunaris  di  Keplero  alla  luce  dei  modelli  classici,  in  particolar  modo  del  De  facie  di Plutarco, modello dichiarato di Keplero). Altri evidenziano il ruolo modellizzante svolto dall’antico al livello più astratto dell’archetipo narrativo (Mastropaolo, che esamina la relazione  tra  Vittorini  e  l’antichità  classica,  evidenziando  in  particolar  modo  il  ruolo degli  archetipi  dell’eroe  tragico  e  delle  utopie  urbane)  o  del  mito,  operante  anche  a livello di pura suggestione (Del Zoppo, che analizza Die Ruinen von Athen di Richard Strauss e Hugo von Hofmannsthal, dove la grecità è mediata dalla rielaborazione di un ‘mito’ moderno, Beethoven; Camponovo, che analizza il topos femminile della femme fatale, diffuso tra gli artisti della fin de siècle, nell’opera di Arrigo Boito, evidenziando il  ruolo  archetipico  svolto  dalla  figura  di  Elena;  Crippa,  che  indaga  le  modalità  della riappropriazione  del  genere  antico  della  favola  da  parte  di  Sergio  Antonielli  nel  Rito dello   spettacolo;   ma   anche   Novati,   che   offre   un’analisi   del   paesaggio   cretese tratteggiato dal critico d’arte Cesare Brandi in uno dei suoi molti resoconti di viaggio, Viaggio nella Grecia antica,  evidenziando  come  la  descrizione  di  Creta  da  parte  del viaggiatore  moderno  sia  influenzata  dalla  sua  conoscenza  della  Grecia  antica,  e  dalle suggestioni che essa non manca di esercitare).
Ma  il  rapporto  tra  grecità  e  modernità  non  si  esaurisce  nell’ambito  della  filiazione testuale,  pur  nelle  diverse  declinazioni  che  questa  può  assumere;  il  contributo  di  De Pasca  apre  alla  prospettiva  visuale,  attraverso  l’analisi  dell’opera  fotografica  di  due artisti contemporanei, il napoletano Mimmo Jodice e il ceco Josef Koudelka, esiliato in Gran  Bretagna  e  poi  cittadino  francese,  che  hanno  scelto  entrambi  di  documentare, ciascuno nel suo modo personalissimo, le vestigia dell’antico disseminate lungo le coste del Mediterraneo, l’uno per cercare una relazione con il passato, nella consapevolezza che  lì  sono  le  sue  radici,  l’altro,  invece,  al  puro  scopo  di  osservare,  con  l’attenzione distaccata dell’esule, che sa di non potersi affezionare a un luogo o a un paesaggio.
L’antichità greco-romana, quindi, è anche patrimonio artistico: il contributo di Pace, l’unico  di  taglio  propriamente  archeologico,  ricorda,  attraverso  il  caso  specifico  di Terranova di Sicilia (poi di nuovo Gela dal 1927) tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento,  come  la  consapevolezza  dell’importanza  del  patrimonio  archeologico,  e quindi della necessità della sua salvaguardia, sia un’acquisizione relativamente recente; nel nostro Paese, per molti aspetti erede diretto della classicità greco-romana, anche il recupero   del   passato   archeologico   è   stato   uno   strumento   che   ha   concorso   alla formazione di un’identità ‘nazionale’ e di una coscienza civica.
Una miscellanea ricca, dunque, di prospettive di indagine, che proprio per questa sua varietà   offre   notevoli   spunti   di   riflessione   sulla   fortuna   dell’antico,   sul   valore modellizzante   dei   classici,   sulla   loro   capacità   di   incidere   ancora   sul   presente,
plasmando, in varia misura, le nostre identità.
Singoli contributi-sintesi
Il  contributo  di  Elena  Langella,  I  Posthomerica  di  Quinto  Smirneo  nelle  traduzioni italiane  tra  Cinquecento  e  Ottocento,  indaga  un  aspetto  specifico  della  ricezione  dei Posthomerica di Quinto di Smirne, concentrandosi sulle traduzioni italiane del poema tra  Cinquecento  e  Ottocento.  Ne  emerge  da  un  lato  la  svalutazione  del  poema, determinata,  sostanzialmente,  dal  confronto,  sempre  penalizzante,  con  Omero,  e  dal mancato  rispetto  delle  unità  aristoteliche,  dall’altro  il  ruolo  svolto  da  Melchiorre Cesarotti,  nel  XVIII  secolo,  nella  diffusione  dell’opera  in  Italia.  Matteo  Rossetti, Keplero e la luna degli antichi. Alcune osservazioni sulla rielaborazione di Plutarco nel Somnium, analizza il Somnium sive astronomia lunaris di Keplero alla luce dei modelli classici,   in   particolar   modo   del   De  facie   di   Plutarco,   modello   di   Keplero   per dichiarazione  esplicita  dell’autore;  ne  emerge  la  sostanziale  indipendenza  con  cui l’astronomo si rapportò con i modelli antichi. Gloria Vannucci, Wasteland: la Lemno sofoclea e le nevi di Gide, mette a confronto il Filottete di Sofocle con quello di Gide, soffermandosi  in  particolare  sulla  diversa  rappresentazione  dello  spazio  geografico  e dell’ambiente  sonoro.  Alla  desolata  Lemno  di  Sofocle,  isola  deserta  e  selvaggia,  ma illuminata  e  riarsa  dal  sole  abbacinante  della  Grecia,  Gide  sostituisce  un  non-luogo gelido e innevato, sottratto alla luce e in parte assimilabile all’atmosfera quasi iperborea dell’odissiaca isola dei Cimmeri. L’autrice legge nel ghiaccio “la metafora onnipresente di come la sofferenza non venga meno, ma sia anestetizzata dalla gelida insensibilità” e interpreta suggestivamente questa scelta paesaggistica con la volontà, da parte di Gide, di sottrarre il mito di Filottete alla sua dimensione storica, per caricarlo di una valenza universale, quasi metafisica.
In  ambito  operistico  si  muove  il  contributo  di  Paola  Camponovo,  La  «bellezza eterna» secondo Boito: da Elena ad Asteria, incentrato sull’analisi del mito dell’eterno femmineo in due libretti di Arrigo Boito, Mefistofele (1868, 1875), dove campeggia la figura di Elena, e Nerone (rappresentato postumo nel 1924), di cui invece è protagonista femminile  Asteria.  Elena  e  Asteria  sono  due  figure  per  molti  aspetti  simili,  che incarnano  la  femme  fatale,  cara  alla  sensibilità  della  fin  de  siècle.  Ancora  in  ambito musicale si muove il contributo di Silvia Del Zoppo – l’unico in lingua inglese – «Das Land der Griechen mit der Seele suchend»: Prometheus, Beethoven and the role of the founding myths in Strauss and Hofmannsthal’s reworking Die Ruinen von Athen, che si concentra  su  un’opera  poco  indagata,  il  Festspiel  Die Ruinen von Athen  (1924),  nato dalla collaborazione tra Richard Strauss e Hugo von Hofmannsthal, che rielabora due opere di Beethoven, Die Ruinen von Athen, scritto per l’inaugurazione del teatro tedesco a   Pest,   e   il   balletto   Die   Geschöpfe   von   Prometheus.   Nell’opera   di   Strauss   e Hofmannsthal mito greco e mito moderno (Beethoven) si fondono in un libero intreccio, al  fine di fornire una nuova interpretazione del  genere del  Festspiel  nell’ambito  della definizione di una Kulturnation tedesca all’inizio del XX secolo.
Alessandro  Pace,  Da Terranova a Gela. La riscoperta del passato e la tutela del patrimonio  archeologico  nel  processo  di  costruzione  dell’identità  culturale  di  una comunità, si sofferma sulle vicende che coinvolsero il patrimonio archeologico di Gela (allora Terranova di Sicilia) tra fine Ottocento e inizio Novecento, per mostrare come le vicende locali – in cui svolsero un ruolo centrale le figure di Paolo Orsi e di Umberto Zanotti Bianco – si intreccino con quelle nazionali, e come la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale possano contribuire alla costruzione di un’identità sociale.
Maria Rita Mastropaolo, Due archetipi narrativi greci nelle Donne di Messina di Elio Vittorini, analizza la relazione tra Vittorini e l’antichità classica, muovendosi su un doppio binario: dapprima l’autrice offre una panoramica degli articoli scritti da Vittorini sugli autori e la cultura greca nell’arco di circa un quarantennio (tra il 1925 e il 1965);
analizza  poi  le  tre  diverse  edizioni  del  romanzo  Le donne di Messina,  pubblicato  nel  1947-1948, 1949 e 1964; l’indagine di entrambi gli aspetti converge a dimostrare come Vittorini  si  sia  progressivamente  allontanato  dagli  archetipi  antichi  –  in  particolare dall’archetipo  dell’eroe  tragico  e  delle  utopie  urbane  –  a  favore  di  un  romanzo autenticamente ‘moderno’.
Alessandro   Novati,   Da  critico  d’arte  a  geografo:  il  paesaggio  cretese  in  un resoconto  odeporico  di  Cesare  Brandi,  analizza  il  resoconto  del  viaggio  a  Creta  di Cesare  Brandi,  critico  d’arte,  teorico  del  restauro  e  studioso  di  estetica,  nel  1954, intitolato Viaggio nella Grecia antica. L’autore mostra come la descrizione dell’isola, da parte di Brandi, sia influenzata dalle suggestioni della grecità.
Marie  Louise  Crippa,  Il  rito  dello  spettacolo.  Una  favola  politica  di  Sergio Antonielli,  analizza  i  debiti  della  favola  di  Sergio  Antonielli,  Il rito dello spettacolo, apparsa nel 1969 su “Amica”, nei confronti della tradizione favolistica, in primis della tradizione greca.
Conclude  cronologicamente  la  miscellanea  il  contributo  di  Valentina  De  Pasca, L’eredità  classica  come  elemento  di  riflessione  e  sperimentazione  nella  fotografia  di Mimmo  Jodice  e  Josef  Koudelka,  che  mette  a  confronto,  per  la  prima  volta,  l’opera fotografica di Mimmo Jodice, partenopeo, e quella di Josef Koudelka, di origine ceca, ma esiliato in Gran Bretagna e infine cittadino francese, che hanno scelto entrambi di documentare,   attraverso   i   loro   scatti,   i   reperti   archeologici   disseminati   lungo   il Mediterraneo.  Sono  evidenziate  le  consonanze,  ma  soprattutto  le  differenze  tra  i  due autori,   a   testimonianza   di   come,   nel   frammento   archeologico,   possano   riversarsi
personalità e tessuti biografici molto diversi.


Giuseppe Zanetto –  Lucia Floridi

 

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