Nostalgia, rimpianto e memoria nell’ultimo Cicerone: una lettura del Brutus
Abstract
Il contributo ha lo scopo di esplorare l’ambito delle rappresentazioni lessicali e metaforiche che ruotano intorno alla sfera del desiderium nel Brutus di Cicerone. L’indagine si incentra sul procedimento attraverso il quale, dopo aver collocato in posizione proemiale il tema della perdita di Ortensio – simbolo della generazione di oratori che, al contrario di quella contemporanea all’Arpinate, ha avuto la possibilità di esprimersi liberamente in pubblico, prima delle derive autocratiche del potere cesariano – ed averne fatto quindi il punto di partenza del processo emotivo, Cicerone si descrive immerso in una condizione di triste desiderium. Tale motus animi si declina in due esiti differenti: da un lato come risposta affettiva che muove dalla singola esperienza di un uomo per configurarsi quale sentimento che appartiene all’intera collettività privata della “voce” dell’eloquentia; dall’altro come risposta intellettiva eseguita dalla memoria, pubblica e privata, per ripensare l’eloquenza e le categorie di pensiero in funzione delle nuove generazioni di cui Bruto è simbolo.
This paper aims at pointing out the lexical and metaphorical representations of desiderium in Cicero’s Brutus. The Modern criticism of nostalgia in ancient Rome concern love and exile elegy, while this paper deals with the emotional process in Cicero’s work: it starts with a phase of perception, represented by the absence ensuing from Hortensius’ death, resulting in two different outcomes. The first one is the affect-laden response, the dolor, seen as a reaction of the whole of community, since Hortensius represents here the “voice of oratory”, lost as a consequence of Caesar’s autocracy; the other one is the intellectual response, the use of private and public memory, a reference to the past designed to embody the traditional categories of speech and thought in a form that is appropriate to the present and useful for the future.
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