Historia al di là dei fatti: un’analisi della nota Serv. ad Aen. 1,235
Abstract
Nel suo commento all’Eneide, Servio presta grande attenzione al “grado di verità” del poema. Nella prefazione al commento, afferma che la poesia epica include elementi reali e fittizi (ad Aen. praef.); nella nota ad Aen. 1,235, espone una classificazione bipartita dei tipi di narrazione: fabula definisce le narrazioni contro natura, historia/argumentum quelle secondo natura. La classificazione enunciata nella prefazione si fonda sul criterio della fattualità, mentre quella della nota ad Aen. 1,235 verte sul concetto di verosimiglianza. L’articolo propone una lettura approfondita di quest’ultima nota. Nel primo paragrafo, si sostiene che l’opposizione fabula – historia/argumentum, esposta nella seconda metà della nota, debba essere compresa alla luce della prima, in cui Servio rimarca che i poeti, incluso Virgilio, tendono a sostituire nomi di luogo e persona con altri loro affini. Evidentemente, alterazioni di questo tipo non intaccano la verosimiglianza della narrazione, cioè non la spostano dalla categoria di historia/argumentum a quella di fabula. Questa osservazione riveste grande importanza nel commento all’Eneide, dato che Servio considera lecite unicamente le creazioni poetiche e le alterazioni della realtà fattuale che si mantengono entro i confini della possibilità naturale, mentre gli elementi narrativi contro natura sono ammessi solo se si fondano sulla tradizione mitico-storica o riprendono precedenti letterari (cf. Serv. ad Aen. 3,46). Nel secondo paragrafo, l’articolo formula l’ipotesi che la riduzione della tripartizione fabula – historia – argumentum a un’opposizione binaria debba essere interpretata alla luce della contraddizione tra la definizione “tradizionale” di narratio e quella di fabula. Questo problema esegetico, rilevato da Mario Vittorino nel commento al De inuentione di Cicerone, potrebbe essere alla radice della fusione di historia e argumentum in un’unica categoria contrapposta a fabula (Comm. Cic. Rhet. 1,19 p. 202,18-25 Halm). Il terzo paragrafo tratta della concezione di natura su cui si fonda la nota Serv. ad Aen. 1,235. Poiché le interpretazioni razionalizzanti riportate da Servio ricalcano spesso quelle di Palefato, il quale condivide il concetto di natura che emerge dalla Generazione degli animali di Aristotele, la nota Serv. ad Aen. 1,235 può essere interpretata alla luce delle opere di Palefato e Aristotele. Questi ritengono che la natura sia “immutabile”: benché ciò non escluda che possano occorrere deviazioni dallo standard naturale, esse non arrivano a determinare mutamenti duraturi dello standard stesso (ad Aen. 6,286). L’ultimo paragrafo propone l’analisi di una selezione di note tratte dal commento di Servio all’Eneide, allo scopo di fornire alcuni esempi dell’applicazione dei criteri di fattualità e verosimiglianza (ad Aen. 1,267; 4 praef.; 1,159; 1,168). Sebbene l’uno possa talora prevalere sull’altro, la classificazione basata sulla verosimiglianza riveste un ruolo fondamentale, in quanto funge da metro di valutazione per distinguere gli esercizi accettabili della creatività poetica da quelli inaccettabili. Per il grammaticus Servio l’Eneide è un testo scolastico su cui apprendere nozioni di filosofia, storia e cultura romana. Ammettendo la necessità che i poemi epici comprendano elementi finzionali e riconoscendo a Virgilio la facoltà di alterare il dato storico per renderlo più adatto a un’opera poetica, Servio difende la fama di Virgilio come poeta onnisciente e, al contempo, la funzione didattica dell’Eneide. A suo avviso, essa include elementi finzionali non perché mira a ingannare il lettore, ma perché essi sono una necessità poetica.
In his commentary on the Aeneid, Servius shows a keen interest in assessing the poem’s “degree of truthfulness”. After acknowledging that epic poetry consists of a blend of truth and fiction (Serv. ad Aen. praef.), he sets forth a classification of the types of narration that distinguishes between fabula, which denotes the accounts against nature, and historia/argumentum, which denotes those in accordance with nature (ad Aen. 1,235). While the distinction between truth and fiction is based on factuality, the one between fabula and historia/argumentum is about verisimilitude. The article provides an in-depth analysis of the note Serv. ad Aen. 1,235. First, it argues that the distinction fabula – historia/argumentum must be understood in the light of the first half of Serv. ad Aen. 1,235, where Servius remarks that poets, including Virgil, typically replace the names of persons and places with others that are close to them. This implies that the change of a name does not affect an account’s verisimilitude since it does not modify its relationship with nature. While Servius accepts modifications of this kind, which remain within the boundaries of historia/argumentum, he welcomes narrative elements against nature only when they are grounded in the mythic-historic tradition or have literary precedents (e.g. traditional myths and gods, cf. Serv. ad Aen. 3,46). Second, the article suggests that Servius’ reduction of the threefold classification fabula – historia – argumentum to a binary opposition might be founded on the contradiction, noticed by Marius Victorinus in his commentary on Cicero’s De inuentione, between the “traditional” definitions of fabula and narratio (Comm. Cic. Rhet. 1,19 p. 202,18-25 Halm). This exegetical problem might have led to the conflation of historia with argumentum and, as a consequence, to their opposition to fabula. Third, it analyses the concept of nature underlying Serv. ad Aen. 1,235. Because Servius’ rationalising interpretations are close to Palaephatus’, and Palaephatus’ notion of nature is similar to the one illustrated by Aristotle in the Generation of Animals, it is possible to read Serv. ad Aen. 1,235 in the light of Palaephatus’ and Aristotle’s works. In their opinion, nature is unchanging: although deviations from the natural standard are possible, they do not cause long-lasting modifications of it (ad Aen. 6,286). Finally, the article analyses some selected notes from the Servian commentary, showing that the classifications based on factuality and verisimilitude coexist, even though sometimes the one prevails over the other (ad Aen. 1,267; 4 praef.; 1,159; 1,168). Nevertheless, the note Serv. ad Aen. 1,235 bears great importance throughout in that it allows Servius to distinguish between acceptable and unacceptable applications – i.e. those against nature, when unsupported by tradition – of poetic creativity. For Servius, a grammarian, the Aeneid is a textbook that enables students to learn about history, philosophy, and Roman culture. By acknowledging that epic poems must contain fictional elements and that Virgil had the right to modify historical reality to make it suit his work, Servius defends Virgil’s reputation as an omniscient poet and, at the same time, the importance of reading the Aeneid in schools: Virgil did not use fictions to deceive, but because they are a literary necessity..
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