Imparare dai peggiori: il modello dei tiranni senecani nei Punica di Silio Italico
Abstract
L’obiettivo del presente lavoro è quella di indagare la fortuna del personaggio del tiranno, tipico della tragedia senecana, nei Punica di Silio Italico, con particolare attenzione al tema della consapevolezza dell’agire del tiranno. Come, infatti, personaggi quali Lico, Atreo ed Egisto mostrano, in Seneca, di essere intenzionalmente crudeli nei confronti dei loro avversari, e arrivano a teorizzare apertamente il principio per cui uccidere il proprio nemico sarebbe, paradossalmente, atto di clemenza – mentre il vero esercizio di potere consiste nel prolungare indefinitamente la sua sofferenza –, così anche Annibale nel poema siliano arriva a teorizzare che il massimo artificio della crudeltà consista nel risparmiare la vita del proprio oppositore per riservarlo a pene ancora maggiori, in una sorta di ‘condanna a vita’ che supera persino la condanna a morte.
The purpose of the present paper is to investigate the reception of the ‘tyrant’ character, typical of Senecan tragedy, in Silius Italicus’ Punica, with particular attention to the theme of the tyrant’s self-awareness. In Seneca, characters such as Lycus, Atreus, and Aegisthus are intentionally cruel to their opponents, and go so far as to openly theorize the principle that killing one’s enemy would, paradoxically, be an act of mercy – while the real exercise of power consists in indefinitely prolonging their suffering; in the same way, Hannibal in the Punica decides to spare the life of his opponents in order to impose on them a greater punishment, in a kind of ‘life sentence’ that even exceeds the death sentence.
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