Uno sguardo originale intorno a Roma: Pompeo Trogo e Giustino
La statura artistica di Pompeo Trogo non ha sempre trovato unanime riconoscimento: da molte voci, infatti, le Historiae Philippicae sono state derubricate a semplice traduzione latina di fonti greche, soprattutto di Timagene di Alessandria. Ancora più severo è poi stato il giudizio riservato a Giustino, la cui Epitoma non di rado viene ridotta al rango di mera antologia. Scopo di questo contributo è mostrare, al contrario, come entrambe le opere mostrino indiscutibili caratteri di originalità e innovazione. Delle Historiae Philippicae di Pompeo Trogo si porrà in evidenza la frequente contaminazione tra fonti orali e scritte, particolarmente rilevante negli ultimi quattro libri (XL-XLIV). Questa sezione, infatti, presenta una cospicua serie di notizie non riportate da altre fonti e che possono essere ricondotte a quel patrimonio di testimonianze oculari e memorie locali a cui Trogo poteva attingere per provenienza geografica e tradizione familiare. Dall’analisi, invece, della tecnica escertoria di Giustino sarà possibile notare come lo stesso criterio di selezione del materiale, a cui spesso si accompagnano veri interventi sul testo, abbia prodotto un’opera nuova per taglio e stile, caratteristiche che permetteranno di formulare nuove ipotesi sulla cronologia e sulle possibili finalità del breviario.
Pompeius Trogus and Justin shared quite a similar fate: often their artistic stature has been in doubt, as many scholars reduced them to a secondary role. Trogus, on one hand, has been considered no more than a simple translator of a Greek source, usually identified in Timagenes of Alexandria. Even lower, however, has been the repute for Justin, whose contribution is usually assumed to be a simple pastiche of the original. In this paper I will argue how, on the contrary, both the Historiae Philippicae and the Epitoma show a high degree of originality. Many particulars, especially in Books XL-XLIV, bring out to the fact that Pompeius Trogus did not simply rework a Greek original, but he revised and mixed an adequate range of oral and written sources. Justin too, although he belittles himself saying he composed an anthology (breve veluti florum corpusculum) in which he selected all the parts he regarded as really worthy of being known (cognitione dignissima), actually produced a new document, very different from the other epitomes of antiquity, a work with its own style, scope and audience.
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