Can Cicero’s De officiis be considered as an excuse for justifying and supporting the common idea that rights, aid and solidarity have been reserved only to those are “close” to us? In the current debate concerning the real universality and the value of human rights, the interpretation of the last work of Arpino’s author, framed in its historical and cultural context, may contribute to a fair restitution of the meaning we assume for the virtue named ratio societatis et communitatis.
As many have pointed out, the cognitive type of the unicorn, later on spread like wildfire in western culture, has one of its prototypes in Ctesias’ Indian ass, described for the very first time in his Indika (FGrHist 688 F 45, 45 and 45q = Ael. NA IV 52). Over the last two centuries, several scholars have raised questions on the real extra-linguisitc referent: what had the Physician of Cnidus really talked about in his account? An Indian rhino? A bull? An antelope? Or was it a fake, good to implement his ethnographic fiction on the extreme peripheries of Persian empire? Whatever Ctesias’ Indian ass was, Aristotle (HA 499 b 15-31) shows no hesitation in believing in its effective existence, and accepts it as a part of the animal kingdom. This happens because some of the zoological features of the paradoxical beast are not so incompatible with the etiological system developed in De partibus animalium.
A detta di molti, il tipo cognitivo dell’unicorno, che tanta fortuna ha avuto nell’iconografia e nella cultura occidentali, ha uno dei suoi antenati nel feroce asino indiano descritto da Ctesia nei suoi Indika (FGrHist 677 F 45, 45 e 45q = Ael. NA IV 52). Ma di cosa parlava realmente il medico di Cnido mentre scriveva il suo report etnografico su quella regione esotica e mirabolante collocata ai margini dell’impero persiano (che erano, peraltro, i margini del mondo allora conosciuto)? A cosa, insomma, si stava riferendo? A un rinoceronte indiano? A un bovino? A un’antilope? Non si era trattato, piuttosto, del frutto della ‘finzione etnografica’ di un autore che amava lavorare di fantasia sui dati e sugli spunti che gli provenivano dai dintorni, più o meno estesi, della prigione dorata nella quale, alla corte del Gran Re, era relegato? Sia come sia, diversamente da come accade per altri esseri descritti negli Indika, su cui spesso si fa calare un cauto beneficio del dubbio, Aristotele parla dell’asino indiano come di una specie effettivamente esistente nella Historia animalium (499 b 15-31). Questo accade perché i tratti principali di questo animale paradossale non sono in fondo troppo incompatibili con il sistema di spiegazioni causali sviluppato nel De partibus animalium.
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Il saggio esamina gli scritti morali di Montesquieu – in primis, il Traité des devoirs (1725) – evidenziando la centralità che in essi occupa l’etica stoica, in particolare quella del De officiis di Cicerone e dei Pensieri di Marco Aurelio. Mette inoltre in luce la vicinanza tra la concezione ciceroniana dei doveri e la caritas cristiana, e come stoicismo e cristianesimo costituiscano i pilastri su cui si regge la grandiosa e rivoluzionaria dottrina etico-politica dell’Esprit des lois (1748), incentrata sull’idea della «legge» come «rapporto», ossia sulla legge come «ciò che collega l’uomo a Dio» (legge religiosa) e «gli uomini agli altri uomini» (legge umana).
The paper examines Montesquieu’s moral writings of – inprimis, the Traité des devoirs (1725) – underlining the centrality that the Stoic thought occupies in them, particularly that of Cicero’s De officiis and Marcus Aurelius’ Thoughts. It also points out the proximity between the Ciceronian account of duties and the Christian caritas, and as Stoicism and Christianity constitute the pillars on which stands the greatness and revolutionary ethical-political doctrine of the Esprit des lois (1748), focused on the idea of «law» as «relations», i.e. on the law as «what relates the human beings to God» (religious law) and «human beings to each other» (human law).
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Celebrare un Maestro – sto parlando di mondo universitario, di Accademia – può essere facile, ma anche impegnativo. A volte sono quasi i Maestri stessi (ancora in vita) a togliere le castagne dal fuoco, intervenendo a giornate di studio durante le quali saranno letti interventi a loro dedicati o ispirati, che diventeranno poi contributi di volumi, segno di continuità di scuola e di felici rapporti accademici. Niente di male, per carità, solo che col tempo, e con la trasformazione del mondo (anche universitario), se ne sente (o almeno io ne sento) sempre più la ripetitività, molto spesso la conformità a uno schema ormai logoro.
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Gabriele Tinti, del quale abbiamo già pubblicato alcuni testi, ci ha trasmesso notizia della performance di Kevin Spacey. Ritenendo che essa sia di interesse per i nostri lettori, pubblichiamo il link del video sulla sezione Presenze Classiche – Scena di ClassicoContemporaneo e, nel PDF allegato, le relative informazioni forniteci dallo stesso Tinti.
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