La foresta urbana de Il primo re
Il primo re (Rovere 2019) rivisita la parte finale della leggenda di Romolo e Remo e concentra l’attenzione sulla relazione tra i due fratelli, prendendo spunto, come dichiarato dagli autori, dal conflitto familiare urbano presente in Rocco e i suoi Fratelli (Visconti 1960). Manca, viceversa, la tradizionale messa in scena della “fondazione della città” a cui, nei secoli, questa leggenda è stata legata. Non si vede la futura polis, né il volo degli uccelli in base al quale sarebbe stato scelto il luogo della fondazione e manca la tracciatura del perimetro del ‘pomerio’, la zona sacra della città, che avrebbe scatenato lo scontro mortale tra i due fratelli, qui sostituito dal confine del fuoco sacro sulla riva del fiume Tevere. Il film compie uno spostamento verso una rappresentazione pre-urbana, ma allo stesso tempo recupera il riferimento intratestuale a due personaggi “tragici” viscontiani come Rocco e Simone legati alle dinamiche dell’inurbamento degli anni Cinquanta. In questo doppio movimento, messa fuori quadro della città, e inserimento di un conflitto di origine urbana si possono leggere due piani discorsivi su cui comunica il film: ricostruire il mito per raccontare un presente che ne è privo. In questo senso lo scenario prevalentemente selvaggio e naturalistico, e in particolare il tema centrale della foresta, non possono non evocare un archetipo ferino che ha il suo opposto discorsivo nella polis. E le tensione della città assente riemergono nella violenza visiva degli scontri e nelle scene allucinate della foresta.
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