L’isola di Crono e l’isola di Cthulhu: un capitolo poco noto della fortuna di Plutarco

Scritto da Tommaso Braccini.

Abstract

Il suggestivo mito del sonno di Crono in un’isola al largo della Britannia, ricordato da Plutarco in De defectu oraculorum 18.420A e De facie in orbe lunae (940F-942C), godette di particolare fortuna soprattutto in ambito anglosassone. Cenni in poeti (come Drayton e Milton), storici, saggisti, divulgatori, e persino una sovrainterpretazione teosofica che legava il passo al mito di Atlantide contribuirono a rendere la storia molto popolare, in particolare tra Otto e Novecento. A partire da questi molteplici canali il mito plutarcheo arrivò anche al noto scrittore dell’orrore H.P. Lovecraft. Come mostrano riferimenti, finora negletti, presenti nel suo epistolario, e una serie di precisi punti di contatto, il nucleo del suo racconto più influente, The call of Cthulhu (1926), è debitore proprio della storia relativa a Crono: in entrambi i casi un’antichissima divinità spodestata dorme in un’isola remota, sperduta nell’oceano occidentale, comunica per mezzo dei sogni, e attende l’arrivo dei propri adepti quando si compia un determinato ciclo astronomico. La capacità di suggestione del mito plutarcheo è dimostrata anche dalla sua ricezione da parte di un altro autore di weird tales (nonché amico di Lovecraft), il californiano Clark Ashton Smith, che gli dedicò una poesia, The isle of Saturn (1950).

The evocative myth of Kronos’ sleep on an island off the coast of Britain, recalled by Plutarch in De defectu oraculorum (18.420A) and De facie in orbe lunae (940F-942C), enjoyed particular fortune especially among the Anglo-Saxon public. References in poets (such as Drayton and Milton), historians, essayists, popularisers, and even a theosophical over-interpretation linking the passage to the myth of Atlantis helped to make the story very popular, particularly between the 19th and 20th centuries. Through these multiple channels, the Plutarchean myth even reached the well-known horror writer H.P. Lovecraft. As hitherto neglected references in his epistolary and a number of precise points of contact show, the core of his most influential tale, The Call of Cthulhu (1926), is indebted to the story of Kronos: in both cases, an ancient, deposed deity sleeps on a remote island in the Western ocean, communicates through dreams, and awaits the arrival of his followers when a certain astronomical cycle is fulfilled. The suggestive power of the Plutarchean myth is also demonstrated by its reception by another author of weird tales (as well as Lovecraft’s friend), the Californian Clark Ashton Smith, who dedicated his poem, The isle of Saturn (1950) to it.

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