«Profughi. Tra mito e storia» - La parola, lo sguardo
Un gruppo di profughi provenienti dall’Asia Minore approda sulle coste del Lazio. Alle loro spalle una guerra sanguinosa, la gran parte degli uomini e dei bambini massacrati, le donne violentate dai vincitori e ridotte in schiavitù, la città natale data alle fiamme e rasa al suolo. Poi le insidie mortali della navigazione sul Mediterraneo, il naufragio sulle coste dell’Africa settentrionale e infine, per i sopravvissuti, l’approdo sul lido laziale, alla foce del Tevere. Qui l’ostilità delle popolazioni indigene, l’odio crescente per gli invasori stranieri, il proposito di ricacciare in mare i nuovi arrivati.
Non è il resoconto di una vicenda di oggi: è il mito troiano narrato nell’Eneide, il grande poema che canta la etnogenesi, ossia la nascita del popolo nuovo frutto della fusione di sangue troiano e di sangue italico, destinato dal Fatum a governare l’ecumene. In questa sede non occorre certo ricordare l’importanza che le civiltà antiche assegnano ai miti di fondazione, vere e proprie rappresentazioni culturali che definiscono l’identità di una comunità…
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