Discorrendo su Il primo re
La tentazione di rimarcare inesattezze in un film (o in un romanzo) ambientato in un periodo che si conosce bene è forte per tutti.
Come però sa chiunque si sia lasciato andare al facile piacere di deridere e criticare, si diventa rapidamente stucchevoli. In senso più ampio, atteggiamenti di questo genere non aiutano la causa delle discipline intellettuali, specie in questi tempi difficili. Confesso che mentre guardavo Il primo re in un DVD italiano faticosamente fatto arrivare in America, non ho potuto evitare di sbuffare di fronte a asce, maschere e altra cultura materiale di cui non esiste conferma archeologica. Passato però il primo moto di pedanteria contro i trovarobe fantasiosi, mi sono reso conto dell’assurdità di esercizi di questo tipo, specialmente nel caso di un film che rielabora materiale prevalentemente mitico. Non ci metteremmo certo a disquisire di quale tipo di clava debba essere armato un Ercole di celluloide.
Anche se nel caso del racconto sulla fondazione di Roma non sono mancati tentativi più arditi di enuclearne radici storiche1, essi si sono dovuti certamente fermare di fronte a componenti della narrazione dichiaratamente soprannaturali, come l’allattamento della lupa o l’ascensione di Romolo al cielo in una tempesta.
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