«Incredibile davvero che le fosse capitato durante un congresso di antichisti»: sui classici greci e latini in Bianca Pitzorno

Scritto da Arianna Sacerdoti. Pubblicato in: Pagina

Una giovane grecista, la dea Diana, un congresso internazionale di antichisti, preadolescenti che “giocano” alla guerra di Troia: nella ricca e stimata produzione in prosa di Bianca Pitzorno (Sassari 1942-), classicista di formazione, il mondo greco e il mondo latino diventano corpo vivo del testo sia a un livello tematico (in maniera pervasiva e differente nelle diverse opere) che attraverso conii di epiteti paraformulari, citazioni dirette, allusività e altri aspetti.

Mito e romanzo negli anni Zero: Roth, Vollmann, Littell

Scritto da Marco Malvestio. Pubblicato in: Pagina

La narrativa degli anni Zero recupera il mito classico come elemento strutturante del racconto, ma in maniera distante tanto dal modello modernista quanto dal postmodernismo: pur rinunciando all’ironia tipica della postmodernità, il mito non riveste nemmeno la funzione, che aveva nelle grandi opere del modernismo, di detonatore di significati latenti e di illustratore dell’inautenticità del contemporaneo e della persistenza di una struttura archetipica. Questo è tanto più vero se si considera che la fonte privilegiata di accesso al contenuto mitico non è più l’antropologia, come per i modernisti, bensì la tragedia. In questo senso, partendo da The Human Stain di Philip Roth (2000), Europe Central di William T. Vollmann (2005) e Les Bienveillantes di Jonathan Littell (2007), intendo illustrare come nel romanzo contemporaneo l’uso del mito non faccia più parte di una strategia simbolica, bensì abbia una funzione eminentemente logico-argomentativa.

Impiego del mito e paradigmi epici in Julio Cortázar: Circe (1951)

Scritto da Pietro Verzina. Pubblicato in: Pagina

Il contributo esamina l’influsso, a vari livelli, dei testi epici arcaici sulla composizione del racconto Circe di Julio Cortázar, evidenziando come il tema della femme fatale, ovviamente presente, non debba per forza essere considerato il punto centrale o predominante nell’analisi del racconto. Oltre all’individuazione di possibili ipotesti, il contributo evidenzia da un punto di vista più generale le modalità formali di ripresa dell’episodio odissiaco, dando attenzione ai valori contestuali dei singoli elementi di caratterizzazione e all’importanza degli aspetti metadiegetici. In base a ciò, si chiarisce come la lettura cortazariana si rivolga al senso profondo dell’episodio omerico, cercando di esprimere il valore esperienziale del contatto, attraverso il femminile, con una realtà essenzialmente inconoscibile, e valorizzando lo sguardo del protagonista come anelito all’impossibile raggiungimento di una diversa dimensione spirituale.

 

Da Erodoto a Rat-Man: classici come virus

Scritto da Massimo Manca. Pubblicato in: Arti visive

Il contributo si propone di ripercorrere il Fortleben recentissimo della vicenda delle Termopili, a partire dalla genesi del film 300 di Zack Snyder, nuovo archetipo della vicenda, alle sue successive evoluzioni. Già nel racconto erodoteo i Trecento trascolorano nella leggenda. Dal resoconto dello storico, dalla suggestione dei pepla degli anni ’60 e dalla pubblicazione del graphic novel 300 di Miller, Snyder prende le mosse per il suo film, che segue con precisione estrema la trama e l’estetica del fumetto di riferimento. Le reazioni di apprezzamento o meno del film derivano dalla capacità dello spettatore di rendersi conto che l’aemulatio non è sul testo erodoteo, ma sul fumetto. I successivi sviluppi del meme this is Sparta fanno riferimento certamente al film; un’eccezione è rappresentata dalla riscrittura fumettistica di Ortolani in cui l’autore si rivolge contemporaneamente al pubblico del film e ai lettori del graphic novel.

 

«Ils sont fous, ces Romains!»: Asterix, Le papyrus de César, e la trasmissione della conoscenza

Scritto da Maria Chiara Scappaticcio. Pubblicato in: Arti visive

Le avventure del piccolo eroe baffuto del resistente villaggio gallico dell’Armorica entusiasmano il loro pubblico fin da quando – era il 1959 – gli scenari di René Goscinny e la matita di Albert Uderzo si fusero nelle vignette di Astérix. Le papyrus de César è il numero 36 di Astérix, è uscito nell’ottobre 2015 ed è stato tradotto in venti lingue: Cesare ha appena confezionato i suoi Commentarii ed il suo editore lo convince perché sottragga dall’opera un “ventiquattresimo capitolo” nel quale sarebbero stati descritti i rovesci subiti dai romani proprio nel villaggio di Asterix. Cesare si lascia persuadere, ed il rotolo sottratto dà il via ad una serie di vicende animate da muti scribi numidi e dal gossipparus Vispolemix, dal goffo editore e dal centurione dell’accampamento di Babaorum, e naturalmente da Asterix e Obelix e Cesare. Una lettura orientata alla comprensione della visione dell’antico veicolata dal fumetto illumina le finalità e la consapevolezza della strumentalizzazione che ne è fatta a fini ideologici: il gossipparus Vispolemix è, ad esempio, calco dichiarato della figura del giornalista Julian Assange ed il caso di WikiLeaks è esplicitamente riecheggiato dallo scenarista Jean-Yves Ferri. Le vicende fantastiche di Asterix ai tempi di Cesare guidano il lettore ad una riflessione tutta attuale sul potere della comunicazione (e della censura), immergendolo in una narrazione che di vero non ha nulla se non un’ossatura storica che contribuisce a garantire al Classico vita e alla realtà contemporanea una rilettura critica.

 

La fortuna di Roma antica nel manga contemporaneo: spunti di riflessione

Scritto da Giuseppe Galeani. Pubblicato in: Arti visive

Leggere i manga, ovverosia i fumetti giapponesi, può essere considerato uno dei modi più efficaci per conoscere la società nipponica, i suoi gusti e le sue categorie di interpretazione del reale. Indagare, pertanto, la fortuna di Roma antica nel manga contemporaneo permette di comprendere come l’immaginario legato alla storia e al mito di Roma venga impiegato e interpretato in una cultura così lontana dalla nostra. L’analisi di due fra le opere recenti più importanti di questo genere, Eureka di H. Iwaaki e Thermae Romae di M. Yamazaki, concede altresì al lettore occidentale la possibilità di esplorare le potenzialità, da noi ancora poco conosciute, del fumetto come strumento di lettura non solo dell’antico in chiave moderna, ma anche della nostra contemporaneità attraverso lo sguardo degli antichi.

 

Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant. Percorsi, rifrazioni e mutazioni di una sententia tacitiana divenuta slogan

Scritto da Alice Bonandini. Pubblicato in: Arti visive

Il contributo ricostruisce la fortuna della sententia di Tacito ubi solitudinem faciunt, pacem appellant (Agr. 30, 4), che, a partire soprattutto dalla seconda metà dell’Ottocento, si è affermata come uno dei più citati geflügelte Worte di origine latina, usato soprattutto (ma non solo) in ambito politico, tanto da divenire un vero e proprio slogan della contestazione anti-imperialista. Sono state analizzate in modo capillare circa 120 occorrenze, che spaziano dal riuso colto e letterario alla comunicazione di massa e ai consumi culturali. La sistematicità dell’indagine ha permesso non solo di districare la complessa trama dei contesti e delle influenze culturali che hanno determinato tale fortuna, ma anche di proporre alcune considerazioni più generali a carattere metodologico ed epistemologico, a partire da un caso paradigmatico delle dinamiche comunicative ed ermeneutiche che presiedono alla percezione e alla risemantizzazione della tradizione classica.

Fantascienza e mondo classico. Introduzione a un dibattito

Scritto da Rossana Valenti. Pubblicato in: Dossier

Seguire lo sviluppo di un’idea, di una moda o di un genere letterario è sempre un’impresa suggestiva: da una prima intuizione si sviluppano linee di pensiero e procedure narrative che crescono e si ramificano. A volte le cose procedono in parallelo, magari in diverse tradizioni culturali e su diversi registri espressivi, a volte si susseguono nello stesso ambiente; e i diversi rami di un pensiero e di una pratica possono divergere per poi tornare a incontrarsi. Sembra questa, contorta e affascinante, la linea che ha portato all’incontro tra mondo classico e fantascienza: un connubio a prima vista insolito, che però si afferma fin dall’apparizione del libro con il quale, nel 1818, ha inizio, secondo gli studiosi, il genere narrativo oggi identificato come “fantascienza”: Frankenstein or the modern Prometheus di Mary Shelley, che già nel sottotitolo inseriva con decisione il suo personaggio nell’ambito della tradizione classica, pur qualificando con l’aggettivo ‘moderno’ la figura letteraria che poi si insedierà nell’immaginario collettivo identificando sia lo scienziato che la sua mostruosa creatura.

Fin dai suoi inizi, dunque, la fantascienza (o Science Fiction, nella terminologia inglese, con una significativa inversione dei due vocaboli) descrive il futuro valendosi di figure, concetti e miti che pertengono al passato e al mondo greco-romano, e rinegoziando valori e pratiche consolidati da un’antica tradizione.

La fantascienza fra mito antico e mito moderno

Scritto da Gianpiero Mangano. Pubblicato in: Dossier

 

Il genere fantascienza rappresenta un perfetto laboratorio per l’elaborazione di un’idea a livello di cultura di massa del rapporto fra uomo e scienza, fra società e progressi scientifici, oscillando fra i due poli di un rassicurante ottimismo e di una cupa sfiducia. In questo saggio presento alcune considerazioni su questo tema, elaborandolo sulla base di due categorie ideali dei movimenti di pensiero del novecento, il modernismo dell’inizio del secolo decimo nono e l’atteggiamento disilluso postmodernista. In particolare discuto come queste due categorie vengano declinate nel genere fantascientifico in termini di un uso del mito moderno alla Ulisse di Joyce o del recupero di miti antichi che riconducono alla visione “religiosa” del rapporto fra uomo e natura.

Cyborg Invasion al Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Scritto da Simone Foresta. Pubblicato in: Dossier

Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli nel 2017 ha ospitato la mostra «Cyborg Invasion». Quindici noti fumettisti hanno reinterpretato in chiave cyborg altrettanti capolavori della scultura antica. All’Artemide Efesia, al c.d. Doriforo e all’Ercole Farnese sono trapiantati graficamente membra o organi sintetici e sono divenuti così personaggi della letteratura fantascientifica. Il breve scritto passa in rassegna le opere valutando il significato della mostra.

Classical Traditions in Science Fiction, Brett M. Rogers and Benjamin Eldon Stevens (eds.), coll. «Classical Presences», Oxford University Press, New York 2015.

Scritto da Domitilla Campanile, Rossana Valenti. Pubblicato in: Dossier

Recensione a cura di Domitilla Campanile e Rossana Valenti

Il tema del volume, e la circostanza che si tratta della prima ampia pubblicazione dedicata al rapporto tra fantascienza e tradizione classica, danno ragione della estesa Introduzione (pp. 1-24): vi compaiono interessanti questioni metodologiche, come quelle relative alla definizione stessa di Science Fiction, abbreviata in SF: i curatori comprendono, in maniera un po’ ambigua, sotto questa dizione anche concetti come science fable, scientific fantasy o speculative fiction, non definendone quindi con chiarezza statuto e caratteristiche formali. Questa incertezza, peraltro, è probabilmente ineludibile nell’esame di un ‘genere’ che conosce molte ramificazioni e incroci, se non vere e proprie ‘invasioni di campo’.

 

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