Attraversare l’ignoto. Lo sguardo sul paesaggio nel viaggio romano, dall’Eneide al De reditu suo
Abstract
Il presente contributo propone un’analisi comparativa dell’Eneide di Virgilio e del De reditu suo di Rutilio Namaziano, adottando una metodologia interdisciplinare che integra l’approccio filologico con prospettive antropologiche e geocritiche. L’indagine si concentra sul ruolo del paesaggio come dispositivo narrativo e simbolico nella rappresentazione della mobilità, e sull’azione dello sguardo su di esso.
Nell’epica virgiliana, l’insieme delle terre esplorate si fa attore narrativo, che si configura come orizzonte percettivo e simbolico e partecipa del progetto politico-culturale di Roma, fungendo da proiezione del futuro. Per Rutilio il viaggio, dal tono elegiaco e disincantato, offre un punto di vista sui luoghi noti e familiari, segnati dalla perdita e dalla frammentazione. Entrambi i testi mettono in scena soggetti in transito, sospesi tra un’origine in crisi e un approdo incerto. La dimensione interstiziale diviene, così, spazio di trasformazione identitaria. In una prospettiva più ampia, il confronto fra i due poemi sollecita una riflessione sul significato del viaggio e del dislocamento, offrendo categorie interpretative che si prestano anche alla riflessione sulle attuali dinamiche migratorie.
This paper presents a comparative analysis of Virgil’s Aeneid and Rutilius Namatianus’ De reditu suo, adopting an interdisciplinary methodology that combines philological analysis with anthropological and geocritical perspectives. The study focuses on the role of landscape as both a narrative and symbolic device in the representation of mobility, and on the gaze that acts upon it.
In Virgil’s epic, the various lands explored become narrative agents, functioning as perceptual and symbolic horizons that contribute to Rome’s political and cultural project, serving as projections of a future ideal. For Rutilius, the journey – elegiac and disenchanted in tone – offers a perspective on familiar and well-known places, marked by loss and fragmentation.
Both texts depict subjects in transit, suspended between a fractured origin and an uncertain destination. The interstitial dimension thus emerges as a space of identity transformation.
From a broader perspective, the comparison between the two poems invites reflection on the meaning of travel and displacement, offering interpretive categories that may also prove useful in examining contemporary migratory dynamics.…
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