L’articolo che segue, scritto da Anna Beltrametti e Agnese Grieco, molto felicemente inaugura la sezione Titubanti Testi. Felicemente, perché il confronto condotto tra una studiosa, specialista di teatro antico, e una regista e saggista, che parte quindi da approcci disciplinari differenti, in realtà si trasforma in un proficuo e armonico dialogo che svela la liminarità caratterizzante la costruzione drammatica dell’Alcesti come la traccia più evidente dell’essenza metafisica del genere teatrale stesso, in sospeso tra finzione e realtà. Il testo che segue ripropone in forma rivista il Binomio di lettura nei Titubanti Testi 10 tenutosi nel luglio 2024, nel quale Grieco aveva proposto il passo dell’Alcesti e Beltrametti aveva accettato di discuterlo.
Abstract
Il passo dell’Alcesti, proposto da Agnese Grieco è tratto dall’arrivo di Eracle che entra in scena e dialoga con Admeto. Nella prima parte, Anna Beltrametti si concentra sul ruolo svolto da Eracle, la cui comparsa marca il punto dove si intersecano il tema del lutto e quello dell’ospitalità. In particolare, il dialogo tra Admeto ed Eracle mette in evidenza il tema del limen che caratterizza Alcesti stessa, sempre in bilico tra due dimensioni (dentro e fuori, morte e vita, estraneità e intimità). Beltrametti vuol soprattutto liberare Alcesti dal velo, un congegno teatrale che, pur non comparendo nel testo di Euripide, sin dai commentatori antichi ha fortemente influenzato, normalizzandola, la figura dell’eroina, la quale in realtà si fa carico di un filo tematico sotterraneo che va al di là della vicenda rappresentata e punta sul lavoro della rappresentazione stessa, cioè sul fare teatro e sul senso del teatro per l’autore e per il pubblico. Il paradosso di questa Alcesti è, secondo Beltrametti, il paradosso del teatro, luogo liminale par excellence e luogo franco di tutti i transiti, di tutte le contaminazioni, di tutte le dislocazioni di tempo e di spazio.
In una non prevista coincidenza di intenti la riflessione di Agnese Grieco, che ha in preparazione un libro sull’Alcesti, per quanto in un registro stilistico e argomentativo diverso, si pone in continuità con il discorso condotto da Beltrametti. Infatti, è proprio il limen tra praxis scenica e riflessione filosofica a fare partire le sue riflessioni mirate a sottolineare le caratteristiche altamente autoriflessive del dramma come luogo di una sofisticata e totalizzante metatrealità. Tale caratteristica viene messa in evidenza proprio dall’avvento di Eracle nella scena discussa. In particolare, Grieco vuol disvelare un’anomalia drammaturgica: sul piano, della realtà della rappresentazione, di quello che noi spettatori vediamo in palcoscenico, a livello della realtà scenica, la sposa di Admeto è personaggio, più assente che presente. Nella sua assenza/presenza Alcesti, di fatto, è e al tempo stesso non è protagonista del dramma. Ma la dualità che scaturisce dalla mirabile costruzione euripidea – ci mette in guardia Grieco – è un due che non indica addizione, soluzione della dualità in una somma o fusione, ma al contrario segnala la coesistenza degli opposti: dell’uno contro l’uno.