Ritualizzare l’indicibile, spezzare le forme: una riflessione su Riten di Ingmar Bergman e Le Baccanti di Euripide
Abstract
L’articolo ripercorre la riflessione sulla tragedia greca, in particolare sulle Baccanti di Euripide, sviluppata da Bergman nel corso degli anni ’60. Il focus non riguarda le messinscene teatrali delle Baccanti, ma si sofferma sui modi più sottili in cui il paradigma tragico influisce sulla sceneggiatura del lungometraggio per la televisione Il rito (1969). Ne emerge uno scavo approfondito dell’antichità classica da parte del regista, che attraverso la lente degli studi antropologici sul mondo antico affronta nel film il problema della persistenza del classico nella società contemporanea, da lui stesso indicato come un tema cruciale per la sua concezione dell’arte all’inizio degli anni ’60.
The article aims to reconstruct Bergman’s attitude towards ancient Greek tragedy focusing on the case study represented by the TV-movie The Ritual (1969). According to Bergman’s view of contemporary art as a parasite living in the snakeskin of ancient art, The Ritual shows a profound debt to Euripides’ Bacchae. The numerous allusions to the Euripidean tragedy lead to a peculiar appropriation of Greek drama. It corresponds to Bergman’s own artistical and theological idea about the limits of human condition when facing the divine: Videmus nunc per speculum et in aenigmate (1Cor. 13, 12).
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