La biblioteca dell’esilio
Nel 2019 è stata messa in mostra, alla Biennale di Venezia, una installazione dedicata ai “libri dell’esilio”: si era aperta nell’aprile di quell’anno nel Museo Ebraico sito in Campo del Ghetto Nuovo. Purtroppo, ho potuto dare solo un rapido sguardo all’allestimento, ma mi è stato possibile recentemente acquistare un piccolo testo esplicativo, redatto dallo stesso artista britannico che l’ha curata: Edmund de Waal (library of exile, British Museum Press, London 2020). Quella che segue, quindi, non è una vera e propria recensione della mostra, almeno non nei termini consueti: è un’informazione sugli intenti che le sono sottesi, e un invito a seguirne le vicende, nella speranza di poter presto fare ritorno nei musei e nelle biblioteche, per condividere le storie che vi sono racchiuse.
La Biblioteca dell’esilio è una collezione di duemila libri scritti da autori costretti a fuggire, o mandati in esilio, o ridotti al silenzio all’interno dei loro stessi paesi: vi sono incluse opere redatte in un arco temporale che si snoda da Ovidio ai nostri giorni, in una grande varietà di nazionalità e linguaggi. I libri collocati negli scaffali descrivono un mondo in diaspora, dalle molteplici dimensioni geografiche, che individuano luoghi di origine e mete finali, migrazioni e attraversamenti, appartenenze e allontanamenti forzati.
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